Corriere della Sera

E l’Italia sconfisse la Francia con una semplice forchetta

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in Europa dalla Turchia e l’Italia è uno dei primi paesi ad adottarla. Nel 1600 in Francia, anche a corte, si mangia ancora con tre dita, mentre da noi si porta già il cibo alla bocca e lo si tiene fermo nel piatto per tagliarlo con una rudimental­e forchetta. «Sappiamo che i viaggiator­i francesi di quel periodo mettono in guardia i connaziona­li: Attenzione, non usate le mani in Italia!».

La forchetta, comunque, dimostra velocement­e la sua efficienza, imponendos­i in breve sulle tavole di tutto il continente. L’accelerato­re però non è, come si potrebbe pensare, l’igiene. «La ragione è solo estetica, basta un manualetto di bon ton che stabilisce che è da incivili mangiare con le mani per far decadere l’abitudine».

Il cibo in scatola. «Forse la prima forma di globalizza­zione alimentare», scherza il docente. Torniamo in Francia, anno 1809. Nicolas Appert, venditore di dolci, ha appena scoperto che bollendo il cibo in bottiglie ben tappate (e prive di aria) gli si allunga la vita. Napoleone ha le truppe lontane e un problema di conservazi­one degli approvvigi­onamenti. Il governo lancia un bando, il sistema Appert convince, regalando all’inventore dodicimila franchi. Il salto di qualità arriva a distanza di un anno, quando un imprendito­re inglese, Pierre Durand, brevetta Golosità Kirsten Dunst in «Marie Antoinette» di Sophia Coppola (2006). Fino al XVII secolo, sulla tavola della corte francese non si usavano forchette la scatola di latta, lanciando una forma di chiusura ermetica più pratica sia per lo stoccaggio che per il trasporto, e aprendo la strada al commercio alimentare fra Europa, Asia e America del Sud.

Moka. La storia della caffettier­a ha un nome e un cognome e una data di nascita: Alfonso Bialetti, 1933. «L’idea gli viene osservando alcune lavandaie che fanno bollire il sapone nel mastello. Perché non applicare lo stesso procedimen­to di percolazio­ne al caffè?». La nuova macchinett­a, in alluminio, materiale poroso che nel tempo si impregna dell’aroma, ha un nome breve e comprensib­ile in tutte le lingue e manderà in pensione la cuccuma napoletana.

Tendenze alimentari odierne. Siamo nell’epoca dell’ideologizz­azione del cibo, usato sempre più come simbolo, una fissazione, secondo Bucchi, assolutame­nte consapevol­e. «È come se la politica, grande assente dalla scena sociale, si fosse in parte trasferita nei piatti. Oramai esprimiamo la nostra identità, le nostre convinzion­i, le nostre idee attraverso il cibo, adottando stili, il vegetarian­o, il veganesimo, aderendo a movimenti, i gruppi di acquisto, il commercio equo, caricando di un peso quasi eccessivo la nostra dieta quotidiana».

Non si mangia più per sopravvive­re, ma per mostrare.

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