Avviso a Londra sulla Brexit
Le condizioni dei 27 Paesi della Ue. Juncker: nel Regno Unito si fanno illusioni
In pochi minuti il Consiglio dei 27 capi di Stato e di governo dell’Ue ha concordato «all’unanimità» le linee guida della trattativa sull’uscita dall’Europa del Regno Unito che sarà condotta con «fermezza» e privilegiando i «diritti dei cittadini». La Ue detta le condizioni del divorzio con tre priorità: debiti (60 mld), confini e cittadini. Visti e lavoro, cosa rischiano gli «espatriati».
«Non siamo sorpresi dall’atteggiamento assunto dai 27. È stato chiaro per mesi, già da prima che attivassimo l’Articolo 50 per l’uscita dall’Unione, che l’Europa avrebbe mantenuto una posizione collettiva nei nostri confronti. È quello che ci aspettavamo».
Alistair Burt è stato sottosegretario agli Esteri con David Cameron e ora siede per il partito conservatore nella Commissione per la Brexit della Camera dei Comuni: la sua è una voce autorevole, dall’interno della maggioranza che sostiene il governo di Theresa May, sul tema dei negoziati con la Ue.
Come si muoverà adesso la Gran Bretagna nei confronti dell’Europa?
«Le nostre priorità sono due: la questione dei cittadini europei nel Regno Unito (e dei britannici nella Ue) e quella del contenzioso finanziario».
Sul primo punto i 27 sono molto chiari: chiedono garanzie piene per i propri residenti. Per l’Europa rappresenta una vera linea del Piave.
«Anche noi vogliamo vedere riconosciuti i diritti dei cittadini britannici che risiedono nella Ue. Non sarebbe di beneficio per nessuno cambiare i diritti acquisiti. È vero, noi puntiamo a ottenere il controllo delle nostre frontiere: ma per il futuro. Per chi è già qui i diritti devono restare: e questo vale anche per i britannici in Europa. Dunque ci sono tutte le buone ragioni per realizzare un accordo».
Invece trovare una soluzione sul conto del divorzio appare impresa più ardua.
«Sicuramente raggiungere un accordo finanziario sarà più difficile: su questo nel Regno Unito non ci facciamo illusioni. Sarà importante cercare di fare progressi invece di puntare subito a un’intesa complessiva su tutti i dettagli. C’è spazio per un negoziato, anche se ci è chiaro che il tempo a disposizione non è molto lungo».
Bruxelles ha fatto balenare una fattura da 60 miliardi: come pensate di far digerire all’opinione pubblica britannica l’idea che bisognerà pagare un conto salato per uscire dal club europeo?
«Tutto dipenderà dall’entità della somma e dallo scopo per cui dovrà essere versata. Sappiamo di avere degli obblighi contratti in passato e altri per il futuro. Ma le richieste che arrivano da Bruxelles sono puramente politiche: e presentarci richieste che per noi sono politicamente impossibili non è nell’interesse di nessuno. Noi non abbiamo una posizione estrema: riconosciamo che non è fattibile uscire dalla Ue senza versare
Le sembra che l’Europa stia assumendo un atteggiamento punitivo nei vostri confronti?
Quale sarà allora la relazione futura fra Regno Unito e Unione Europea?
Per chi è già qui i diritti devono restare: e questo vale anche per i britannici in Europa Se l’Europa finisse per apparire una prigione sarebbe un esempio negativo per gli altri