Se l’astensione favorisce Marine
Né con Marine, né con Macron, né con la Patria né con il patron. Lo slogan, scandito da studenti in piazza comincia a diffondersi nella testa della Francia gauchiste e arrabbiata, i sette milioni (uno in meno di Emmanuel Macron) che hanno votato per il nuovo campione della sinistra rivoluzionaria, pacifista, ecologica: Jean Luc Mélenchon, il quale ha preso subito le distanze dal fronte repubblicano pro Macron (che va dai gaullisti ai socialisti) con l’obiettivo di drenare l’elettorato proletario di Marine Le Pen per le legislative di giugno e per le sfide del futuro. Del resto, hanno votato per le estreme il 40 per cento dei francesi e in maggioranza alcune categorie sociali: poveri, disoccupati, non diplomati, operai, giovani. La base elettorale è quasi la stessa. L’intento può essere nobile, come può esserlo il sogno di una sinistra rivoluzionaria e vincente, benché sconfitta in tutto il mondo. Ma il calcolo può essere cinico e suicida, se si preferisce fare opposizione a Macron che fermare la Le Pen. Più responsabile e patriottico l’appello a votare per Macron da parte dei Républicains e dei socialisti, benché si respiri scontento e aria di fronda nell’elettorato cattolico e più conservatore, nella Francia sovranista ed euroscettica dal tempo del trattato di Maastricht. Dunque ci sono due mondi francesi culturalmente opposti che, per adesione o defezione, potrebbero favorire Marine Le Pen. E ci sono fra i sette e i dieci milioni di voti indecisi fra l’europeismo riformista e le barriere del protezionismo nazionalista. Di sicuro, Macron non ha la vittoria in tasca come Chirac nel 2002. Il panorama politico è cambiato. La Le Pen è il terzo polo, non più un corpo estraneo al sistema. Per quanto rappresenti una straordinaria novità dell’offerta politica, Macron deve convincere l’altra metà del Paese, cercando alleati dove forse non ci sono.