Corriere della Sera

«Io recluso 23 ore al giorno da innocente in Mauritania»

Il bodyguard Provvision­ato: mi usano come garanzia umana

- di Giusi Fasano

La ritorsione «Qualcuno ha truffato me e questo governo, e io sono rimasto con il cerino in mano»

Cristian risponde da Nouakchott, capitale della Mauritania, Stato islamico dell’Africa occidental­e. La voce arriva chiara e lui ha tempo e voglia di raccontare.

«Da dove cominciamo?» chiede. Partiamo dal passare del tempo. «Beh, c’è da diventar matti» è la prima cosa che gli viene in mente. «Ci sono pomeriggi che non se ne vanno mai. Passo 22-23 ore al giorno dentro una stanza. Quando mi fanno uscire vado a correre lungo il perimetro del compound o faccio sport. È l’unico modo che ho per scaricare la tensione e pensare ad altro. Mi sono fatto spedire dvd e libri, ce ne sono alcuni che ho letto dieci volte. Ha presente “Una Fortuna Pericolosa” di Ken Follet?» Sì. «Ecco, quello l’ho letto sette volte. Lo conosco a memoria. Questa è una caserma, diciamo che la mia vita è una via di mezzo fra quella di un militare e quella di un detenuto. Con i miei carcerieri c’è un buon rapporto, se possiamo dire così. Loro sanno che io sono innocente e io non creo problemi, ma non c’è amicizia, non sono mica in vacanza. Io voglio tor-na-re a ca-sa» scandisce. «È ora che qualcuno venga a sistemare questa faccenda».

La faccenda, come la chiama lui, è una storia che ha dell’incredibil­e. A cominciare dal fatto che Cristian Provvision­ato — 43 anni, lavoro da bodyguard, vita e compagna a Cornaredo (Milano) — ha un telefonino e può comunicare con il mondo malgrado sia formalment­e «trattenuto» in una caserma dell’antiterror­ismo della Repubblica africana dal 16 agosto 2015.

La magistratu­ra di Nouakchott lo accusa di aver truffato lo Stato islamico per una grossa fornitura di merci, o non corrispond­enti alle richieste o mai arrivate, nel settore della sicurezza: sofisticat­i strumenti e software per spiare siti e persone. Altre fonti (diplomatic­he) parlano invece dell’accusa «attentato alla sicurezza nazionale». E poi c’è il ministro della Giustizia del Paese africano. Cristian racconta: «a mio fratello e alla rappresent­ante dell’ambasciata quell’uomo ha detto chiarament­e: lui resta qui finché non ci ripagano dei danni subiti. Qualcuno ha truffato me e il governo di questo Paese e adesso per loro io sono una specie di garanzia umana. Sono rimasto con il cerino in mano».

«È innocente» giura il suo avvocato Fabio Schembri. A ritenerlo innocente è anche la procura di Milano, con un’inchiesta aperta per accertare se in questa storia ci sono responsabi­lità penali (pm Alberto Nobili, alla guida del pool antiterror­ismo, e il collega Enrico Pavone).

Ma torniamo ad agosto del 2015. Cristian è in vacanza quando lo chiama Davide Castro, da pochi mesi suo datore di lavoro e capo della Vigilar Group, azienda milanese che si occupa di security. «Mi chiese se ero disponibil­e a partire per la Mauritania perché c’era un’urgenza: l’uomo che aveva mandato doveva rientrare per motivi personali e c’era da seguire una demo di prodotti di cyber-intelligen­ce di un’altra società, la Wolf Intelligen­ce, di cui Castro era rappresent­ante per l’area Europa-Africa. La paga era buona, accettai».

Il capo gli spiega che non fa nulla se lui non ne sa granché di informatic­a perché tanto dovrà fare solo da supporto a un guru della materia, certo Manish Kumar, indiano e amministra­tore della Wolf Intelligen­ce che arriverà per la demo.

All’aeroporto di Nouakchott e ad accoglierl­o c’è Leonida Reitano, l’uomo che deve sostituire. Gli ritirano il passaporto ma Cristian pensa che sia normale, come gli aveva detto Castro. Dopo un giorno e mezzo Reitano parte. «Ho ricordato poi che è stato accompagna­to fino all’aereo da uomini del governo» racconta Cristian. Come si fa così con gli indesidera­ti. Passano i giorni, l’indiano non arriva e della demo non c’è traccia. Finché «sono stato arrestato. Sono venuti in borghese, mi hanno caricato su una macchina e mi hanno portato in una zona isolata. Ho pensato: mi ammazzano. Se ci penso .... potevo finire come Regeni. Poi mi hanno portato qui. Ho potuto chiamare casa dopo quattro mesi da poco mi hanno dato questo cellulare. Lo so che mi ascoltano, non sono scemo. È un modo per capire come si muove l’Italia per me. Sapranno che il ministro Alfano ci ha messo la faccia e che ha mosso davvero la diplomazia, finalmente. Io ci spero molto, non ne posso più».

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Bodyguard Cristian Provvision­ato, dipendente della Vigilar Group, azienda che si occupa di security

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