Corriere della Sera

Il grande freddo quotidiano è fatto di tante piccole sconfitte

- Di Jessica Chia

Narrazione

Fa freddo nel nascondigl­io della sconfitta. Un nascondigl­io che prende le sembianze del letto di un bambino quando, ogni notte, la paura va a trovarlo. Ma basta tirare su il lenzuolo che quel senso di colpa primordial­e sembra scomparire. Un riparo che assomiglia ad ali di carta quando a costruirle è un adolescent­e, che per dimenticar­e le violenze del padre sale a bordo della sua fantasia. Oppure un rifugio fatto di silenzi quando, ormai adulto, vede svanire l’illusione dell’amore e l’assenza di parole rappresent­a la lotta per sopravvive­re. Fino al prossimo rigurgito di odio.

Dal senso di gelo nasce Il re della neve (L’Erudita, pp. 144,

13), una raccolta di racconti di Angelo Filograsso, classe 1972, al suo esordio letterario. Piccole storie che s’insediano dentro di noi per mostrarci la limitatezz­a del nostro essere. E ognuna porta con sé la narrazione di una sconfitta. Perché tra la vita che vorremmo vivere,

Irruento e spigoloso arriva per ognuno il flusso di coscienza

le parole opportune, le azioni giuste, Filograsso ci racconta l’altra faccia dei nostri pensieri più reconditi, mostrando anche gli scarti del cinismo e della sofferenza.

Così ogni storia racchiude in sé rassicuraz­ioni patinate che l’esistenza promette, ma quasi mai mantiene. E poi, irruento, volgare e spigoloso, arriva il flusso di coscienza, per ogni personaggi­o, che s’insinua ed emerge nel momento più inatteso. Un flusso necessario, che rende così umani i protagonis­ti, i quali rimangono quasi sempre con in mano un pugno di frustrazio­ni. Personaggi impigliati nella rete da pesca delle relazioni, fragili e a volte leggeri, come ali di carta: «Gli aerei», insistei, «insomma, mi spieghi sul serio come fai a farli così?» (…). «Ci salgo sopra. Quando li lancio, io ci salgo sopra».

Bisogna salire sugli aerei di carta per fuggire dal dolore. La disfatta ci aspetta ogni giorno, in ogni luogo. Quando andiamo a pagare le tasse sui rifiuti. Negli occhi di una donna anziana, per essere stata raggirata dal furbo di turno in coda. Nel volto di una bambina, per non aver avuto il coraggio di affrontare la crudeltà degli adulti. Nel coma di una donna e nell’infinita piccolezza del marito incastrato in una meschina sofferenza.

Simili a vortici di bora, le parole di Filograsso si addensano in ogni racconto, si posano sulla carta, come pupazzi di ghiaccio destinati a perire. Parole che corrono sulla lingua e nei pensieri dei protagonis­ti. Parole spezzate ma affilate che finiscono per deflagrare, non solo metaforica­mente, nel racconto finale della raccolta. Ed è proprio laggiù, nel nascondigl­io della sconfitta, che fa realmente freddo.

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Lavoratori edili nella neve (1920, part.) di Edvard Munch (1863-1944)

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