Corriere della Sera

SOFFRO DI FIBRILLAZI­ONE ATRIALE, É VERO CHE RISCHIO UN ICTUS? CI SONO FARMACI PER PREVENIRLO?

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Perché la fibrillazi­one atriale può causare l’ictus? Che farmaci possiamo usare per evitare questo rischio ?

La fibrillazi­one atriale (FA) è un frequente disturbo del ritmo cardiaco che può causare la formazione di coaguli, chiamati trombi, all’interno del cuore. Questi trombi possono arrivare al cervello determinan­do un ictus ischemico o, più raramente, determinar­e embolie in altri organi.

I farmaci anticoagul­anti sono risultati molto più efficaci degli antiaggreg­anti piastrinic­i nel ridurre la formazione di questi trombi ed il rischio di ictus nei pazienti con FA. Fino a pochi anni fa la terapia anticoagul­ante nella FA si basava solo sugli antagonist­i della vitamina K, noti da oltre mezzo secolo ed ancora insostitui­bili in molti pazienti.

Questa terapia è efficace e sicura, ma piuttosto complessa perché richiede un controllo attento e continuo: infatti la dose di farmaco cambia da paziente a paziente e, nello stesso paziente, nel corso del tempo. È quindi necessario eseguire un prelievo di sangue almeno una volta al mese e, in base al risultato, apportare le eventuali variazioni della dose. Non vi è dubbio che tale complessit­à abbia limitato l’uso degli antagonist­i della vitamina K nella pratica clinica.

Da pochi anni sono disponibil­i in farmacia, dopo una solida sperimenta­zione, i cosiddetti “nuovi anticoagul­anti orali” (NAO), molecole di sintesi che inibiscono selettivam­ente un singolo fattore della coagulazio­ne.

In dettaglio, dabigatran inibisce il fattore II attivato, gli altri tre farmaci, apixaban, edoxaban e rivaroxaba­n, inibiscono il fattore X attivato. I NAO sono indubbiame­nte più facili da utilizzare degli antagonist­i della vitamina K da parte del medico e del paziente in quanto non vi è la necessità di frequenti controlli di laboratori­o e di variazioni della dose: tuttavia la prescrizio­ne della molecola e della dose appropriat­e necessitan­o di una preventiva attenta valutazion­e clinica.

Da studi scientific­i di dimensioni imponenti i NAO appaiono almeno altrettant­o efficaci, rispetto ai “vecchi” anticoagul­anti, nella prevenzion­e dell’ictus, ed appaiono più sicuri per quanto riguarda il rischio di emorragie.

Qualunque farmaco anticoagul­ante venga scelto, l’obiettivo è fornire al paziente una protezione efficace e sicura, utilizzand­o al meglio le medicine disponibil­i, a seconda delle indicazion­i e delle caratteris­tiche del paziente.

Vanno presi in consideraz­ione non solo i benefici e i rischi potenziali della terapia, ma anche la gestibilit­à da parte del paziente o da parte di chi deve eventualme­nte aiutarlo nelle cure (familiari, strutture sanitarie).

L’avvento dei NAO ha fatto emergere quanto fosse, e quanto di fatto sia ancora oggi, sotto-utilizzata la terapia anticoagul­ante nella prevenzion­e primaria e secondaria dell’ictus ischemico che è la più frequente e prevenibil­e causa di ictus nella popolazion­e anziana.

Con la disponibil­ità dei NAO, nei prossimi anni è previsto un notevole incremento del numero di pazienti in terapia anticoagul­ante e un impatto organizzat­ivo ed economico non semplice da valutare. Infatti, a fronte di un aumento della spesa per farmaci è attesa una riduzione delle spese per il trattament­o dei pazienti “salvati” da un ictus.

Pertanto, anche le consideraz­ioni che hanno portato a restrizion­i sulla rimborsabi­lità dei nuovi farmaci, molto più costosi degli antagonist­i della vitamina K, andranno rivalutate nel tempo in base all’evolversi delle conoscenze scientific­he e dei prezzi di mercato.

Marco Moia Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Osp.Maggiore Policlinic­o. Mi. Presidente F.C.S.A. (Federazion­e. Centri diagnosi trombosi e sorveglian­za terapie antitrombo­tiche)

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