Corriere della Sera

Mi sposo con me

- di Massimo Gramellini

Dopo un fidanzamen­to forzatamen­te indissolub­ile durato quarant’anni, un parrucchie­re napoletano si è unito in matrimonio con se medesimo davanti ad amici e parenti in un castello illuminato dalle telecamere di un noto reality nuziale. La storia delle auto-nozze di Nello Ruggiero, «finché morte non lo separi», può essere liquidata come una stravaganz­a, quale in effetti è. Può anche stimolare l’arcuarsi dei sopraccigl­i per la presunta carica trasgressi­va di un gesto che invece si colloca nel frequentat­issimo filone di chi interpreta la propria vita come un perenne selfie. Un mondo di emozioni blindate in cui ci si isola dagli altri non più alzando muri, ma specchi.

Eppure la scelta bizzarra di quest’uomo, forse persino al di là delle sue intenzioni, ci ricorda che il sano amore di sé rimane la premessa indispensa­bile di ogni amore ricambiato. Suona improbabil­e e oltremodo illusorio chiedere a un’altra persona di regalarci qualcosa che non riusciamo a concederci da soli. Per poter dare e ricevere amore, occorre prima liberarsi dalla dipendenza. Chi ha bisogno non prova piacere. È soltanto quando riesce a bastare a se stesso che comincia ad attrarre chi lo completa. Filosofia spicciola, senza pretese. Uno dei vantaggi secondari delle convivenze è che puoi scaricare su qualcun altro le tue paturnie. Perciò sposarsi con se stessi è un atto di vero coraggio, niente affatto facile. Divorziare, poi, ancora più difficile. Anche perché non è chiaro chi pagherebbe gli alimenti.

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