Martina: l’affluenza non era scontata
Il vicesegretario Martina: l’affluenza non era scontata, il 2013 è un’altra era
Ripartire con umiltà. L’obiettivo resta il 2018. Così il ministro Martina in un’intervista al Corriere. «I due milioni di votanti alle primarie non erano scontati».
È giusto leggere queste indicazioni rispetto alle primarie precedenti, ma c’è un trend storico che non scopriamo oggi e che mette in luce il tema delle primarie come tema aperto».
Sta dicendo che le primarie sono in crisi?
di tutto il Pd. Il nostro ruolo è lavorare nel modo migliore dal governo, mantenendo l’orizzonte del 2018 e tenendo la barra dritta per realizzare le riforme di cui i cittadini hanno bisogno. Noi sia- mo una squadra sola. Non ce ne sono due in campo, quella del governo e quella del Pd».
Riformerete la legge elettorale con il Movimento 5 Stelle?
«Maggio è il mese fondal’indirizzo Domenica Cittadini al banchetto di un seggio milanese per le primarie del Pd
per non parlare della riforma costituzionale bocciata poi dal referendum di dicembre. Tutti fatti concreti che hanno causato la sua rottura con parte dell’elettorato progressista, quello che noi vogliamo riconquistare: anche per evitare che si trasformi in astensionismo o appoggio al M5S. Renzi ha cambiato i connotati al partito, lo ha portato sempre più al centro e lo ha fatto identificare sempre più con il proprio leader».
Recuperare elettori di centrosinistra è il vostro obiettivo. Ma anche quello del Campo progressista di Giuliano Pisapia.
«Giuliano è una risorsa straordinaria per il centrosinistra, sta facendo un tentativo generoso per ricostruirlo. E noi, in questo, lo sosteniamo convintamente. Coltiviamo lo stesso campo e per me è naturale che le nostre strade si incrocino».
Vede un futuro di alleanza tra di voi? Vi siete sentiti dopo le primarie del Pd?
«Ci siamo visti il 25 aprile a Milano, ha incontrato alcuni nostri parlamentari nei giorni successivi, c’è un dialogo aperto. Ma credo che nessuno debba tirarlo per la giacchetta».
A «Otto e mezzo» l’ex sindaco di Milano ha dichiarato che non entrerà «in un listone di un partito unico, tantomeno del Pd se non vuole fare un’alleanza». E ha respinto
mentale per cercare in commissione un punto di chiarezza definitivo. Il Pd svilupperà una sua iniziativa, le altre forze politiche devono superare le loro ambiguità. Noi abbiamo riproposto prima di tutto l’idea di lavorare sul Mattarellum e siamo in attesa di capire come intendono posizionarsi gli altri. Il Pd non si sottrae al confronto, ma non siamo sufficienti».
La segreteria di Renzi sarà aperta anche a esponenti delle mozioni di Orlando ed Emiliano?
«Non spetta a me dirlo ora, ma le minoranze avranno un ruolo fondamentale di iniziativa a prescindere. Dovremo lavorare assieme come una squadra plurale e unitaria, a prescindere dagli equilibri negli organismi. La stagione che abbiamo di fronte dovrà valorizzare le energie nuove, con una scommessa generazionale radicata nei territori».
Puntate alle larghe intese, o vi rassegnerete all’alleanza con Bersani e D’Alema?
«Se iniziassimo la nuova stagione percorrendo una discussione tutta di formule, non coglieremmo il bisogno di novità che c’è. Sono convinto che non mancherà anche il confronto tra forze politiche, ma prima per noi c’è il lavoro di rilancio del progetto e della prospettiva del Paese. E i primi interlocutori sono gli italiani».
La scissione è ancora possibile?
«Non lo credo affatto, è un tema che non esiste. Ora c’è la possibilità per il Pd di essere più unito e più aperto».
«Condivido. E aggiungo che dal Pd mi aspetterei piuttosto veti su Berlusconi».
Dal Partito democratico, Matteo Orfini insiste sul no alle coalizioni, «rovina del Paese».
«La solita impostazione di autosufficienza, che non mi sembra abbia portato molto lontano in questi anni».
La legge elettorale andrà fatta, e proprio il premio di maggioranza (alla lista o alla coalizione vincente) sarà fra i temi di scontro.
«Sì, il sistema di voto va normato al più presto, basta melina. Per noi la priorità assoluta è restituire ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Quindi, via i capilista bloccati».