La salute e l’ambiente: il pianeta bici vale 6 miliardi
Produzione, cicloturismo, riduzione dello smog: il settore delle due ruote vale 6 miliardi ogni anno Chi pedala sta meglio e si assenta meno dal lavoro Ma le città sono ancora pensate per le automobili
a pedalata del mattino non è solo una tecnica di resistenza urbana, un trucco per schivare quell’incubo chiamato parcheggio e arrivare prima in ufficio. La sgroppata della domenica non è soltanto una sfida all’inesorabile pancetta, un modo per respirare il paesaggio che abbiamo intorno a noi e quello che abbiamo dentro di noi. Quando montiamo in sella facciamo girare anche la catena della nostra economia. E quando spingiamo sui pedali spingiamo pure quel numeretto che preoccupa i politici di mezzo mondo: il fatidico Pil, il Prodotto interno lordo. Gli spostamenti in bici generano in Italia un fatturato di oltre sei miliardi di euro l’anno. La pedalatori spa supera per giro d’affari l’export del nostro vino, per dire. E vale il doppio di un orgoglio nazionale come la Ferrari. Il calcolo porta la firma di Legambiente, che venerdì presenterà a Roma il primo rapporto sull’economia della bici. «In Italia — spiega l’autore Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane dell’associazione — la ciclabilità è ancora a livello adolescenziale, ma già così è capace di produrre effetti importanti. Se diventerà adulta, potremo fare molto di più».
Gli effetti diretti
Tra produzione, vendita e riparazioni, la bicicletta fa girare ogni anno in Italia oltre un miliardo di euro. Il numero dei pezzi venduto è stabile da anni, intorno al milione e mezzo. Ma il loro valore potrebbe crescere soprattutto grazie alla diffusione dei mezzi a pedalata assistita, che costano di più e quindi sul Pil incidono in misura maggiore. In Italia la vendita delle ebike non arriva al 4% del totale. In un Paese non propriamente montagnoso come l’Olanda supera il 30%. La bici elettrica consente di arruolare alla pedalata chi preferisce non faticare troppo, chi in ufficio non vuole arrivare sudato, chi magari ha una certa età. Ha aperto un mercato che prima non c’era, come tutti i prodotti davvero innovativi. Poi c’è il capitolo cicloturismo. Tra hotel, ristoranti, varie ed eventuali, i viaggiatori in bici producono in Italia 2 miliardi di euro l’anno. Molto. Ma anche poco, visto che in Germania arrivano a 9 miliardi. Sui fondamentali l’Italia è messa molto meglio: abbiamo un clima più «bike friendly», un paesaggio senza eguali, una certa tradizione a due ruote. Sono gli itinerari che mancano, anche se qualcosa si sta muovendo. Ed era ora.
Il cicloturismo ha il grande pregio di portare i viaggiatori fuori dal «turisdotto» Roma-Firenze-Venezia. Non trasforma i nostri centri storici in piccole Eurodisney attraversate da carovane con il bastoncino per il selfie. Ma porta i turisti dove oggi non vanno, in quelle zone di campagna e in quei borghi che rappresentano l’Italia più bella, forse più vera. Non solo produce ric- chezza ma la distribuisce meglio sul territorio.
L’impatto sulla salute
Ci sono poi ricadute più difficili da misurare ma altrettanto importanti. Se non di più. In Italia un terzo degli adulti non fa abbastanza attività fisica. Al di sotto dei 13 anni arriviamo a uno spaventoso 92%. La vita sedentaria è causa di patologie gravi come l’infarto e il diabete. L’esercizio fisico non solo è un buon antidoto. Ma è capace di combattere anche effetti collaterali come ansia e depressione. Tra diminuzione di farmaci a carico del sistema sanitario, ricoveri e altre voci, il risparmio «sanitario» generato dalla bicicletta ammonta ad altri due miliardi di euro. Poco meno di quello che spendiamo ogni anno per i ticket. Poi c’è una seconda tranche di risparmi immateriali, che vale un altro miliardo di euro. Dentro c’è il miglioramento della qualità dell’aria, visto che la bici taglia via quasi 2 miliardi di chilometri percorsi ogni anno in auto. E ancora la riduzione dei gas serra, il contenimento del rumore e anche del consumo del suolo per la costruzione di nuove strade. Poi c’è la voce a prima vista più sorprendente.
Il calo delle assenze al lavoro
Secondo uno studio del centro di ricerca olandese Tno, le persone che vanno al lavoro in bicicletta si assentano dal lavoro meno dei colleghi che usano altri mezzi: la differenza è di 1,3 giorni l’anno. Il risultato? Le 750 mila persone che in Italia pedalano verso l’ufficio producono un risparmio di quasi 200 milioni di euro l’anno. Un terzo di quello che il governo ha appena messo sul piatto per non far chiudere Alitalia, tanto per rimanere nel ramo trasporti. Possibile? Possibile. In Islanda fanno addormentare i neonati nel passeggino davanti al portone di casa, anche se la temperatura non è esattamente tropicale. Dicono che così i loro bimbi crescono più sani. Magari esagerano. Ma un po’ di freddo (preso anche pedalando) rende il nostro corpo davvero più forte, facendo contento pure il capufficio. È per questo, non per un attacco di generosità, che in Inghilterra lo Stato aiuta chi va in ufficio in bici: con il progetto Cycle to work il lavoratore ha uno sconto sull’acquisto del mezzo mentre la sua azienda deve pagare meno contributi. In Italia, invece, chi si presenta in ufficio in bici resta un incrocio tra lo sfigato e lo stravagante.
I vantaggi non misurabili
Bob Kennedy diceva che il Pil «misura tutto, tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta». Ecco, nella bike economy ci sono anche effetti non misurabili. Una bella pedalata (rispettando i semafori e senza trasformare i pedoni sul marciapiede in birilli, please) rientra senza dubbio nella categoria. Riguarda solo gli appassionati? Certo. Ma i vantaggi non misurabili coinvolgono anche chi in bicicletta non ci va. Oggi le nostre città sono pensate per chi si muove in macchina. Riportarle a luoghi per esseri umani ci farebbe guadagnare tutti. Come diceva lo scrittore francese Andrè Billy: «L’auto è troppo veloce, il viaggio a piedi troppo lento. La bicicletta è un punto di equilibrio».
Legambiente: «In Italia la ciclabilità è poco sviluppata ma produce effetti importanti: possiamo fare di più»