«La Ue e i limiti della Germania»
Steinmeier: «Ma l’Europa a più velocità fa bene a tutti»
La Germania e l’Italia hanno grandi interessi comuni sul piano bilaterale sottolinea Frank-Walter Steinmeier, presidente federale tedesco, in questa intervista al Corriere: economici, di stabilità europea, di sostegno all’euro, di gestione dell’immigrazione, di soluzione delle crisi alle frontiere. In alcuni momenti, però, pare che tra i due governi ci sia poca fiducia: Berlino scettica sulla scarsa stabilità politica italiana, Roma scettica sulle politiche economiche della Germania.
Come si può ricreare fiducia?
«Pochi Paesi sono legati da rapporti così stretti come Italia e Germania. Le nostre relazioni sono profonde sul piano politico e umano e caratterizzate da una particolare fiducia. L’Italia è, e rimane, per i tedeschi il Paese della nostalgia, la Sehnsucht, e io condivido questa passione ormai quasi leggendaria dei miei connazionali. Anche a livello politico l’Italia è uno dei nostri partner più stretti. Come membri fondatori dell’Unione Europea, lavoriamo fianco a fianco per la nostra Europa comune. Sappiamo che soltanto insieme possiamo superare le grandi sfide dei nostri tempi. Insieme possiamo contrapporre soluzioni convincenti alle crescenti forze centrifughe e ai grandi semplificatori in Europa, rilanciare la crescita, combattere la disoccupazione e offrire prospettive vere alle giovani generazioni. Mi stava pertanto molto a cuore per numerosi motivi venire presto in visita in Italia nella mia nuova veste di presidente federale».
Germania e Italia sono forse i due Paesi europei che stanno maggiormente sostenendo il peso dell’ondata migratoria dal Sud. Non crede che dovrebbero coordinare più intensamente le loro politiche?
«Benché la nostra posizione geografica sia molto diversa, di fatto su Italia e Germania ricade attualmente il peso maggiore delle conseguenze della fuga e migrazione in Europa. In quest’ambito ci coordiniamo già oggi strettamente, sia tra di noi che all’interno dell’Unione Europea. Anche qui possiamo far fronte a questa sfida solo insieme. A tal fine è necessaria una politica risoluta in tre ambiti: nella lotta sostenibile alle cause di fuga, nell’efficace protezione delle nostre frontiere esterne e nella suddivisione solidale di compiti e oneri tra i partner europei».
In una fase politica segnata da populismi e da crisi rilevanti, i maggiori Paesi fondatori della Ue affrontano importanti impegni elettorali. Su quali obiettivi dovrebbero muoversi i futuri nuovi governi di questi tre partner per costruire un’Europa più solida e resiliente?
«Le maggiori sfide per l’Unione Europea sembravano essere per molto tempo soprattutto le crisi al di fuori dell’Europa. Oggi assistiamo nella stessa Europa ad accesi dibattiti sulla via da imboccare in un mondo in rapidissimo cambiamento. In tempi incerti molte persone cercano risposte facili. E si trovano sempre populisti che ne vogliono trarre profitto. La linea di divisione non è più tanto tra “sinistra” e “destra”, bensì tra chiusura e apertura, paura e fiducia. In quanto politici responsabili dobbiamo dire alla gente: se i problemi diventano più complessi, le risposte non possono diventare più facili. Dobbiamo incentivare la disponibilità alla collaborazione e al compromesso. E al contempo i governi devono dimostrare di essere capaci di rinnovarsi e autocorreggersi e di poter effettivamente risolvere i problemi concreti della gente».
Si parla ormai esplicitamente di Europa a più velocità. Non c’è il pericolo che affermarlo come obiettivo provochi divisioni nella Ue, che certi Paesi si sentano esclusi dal cuore dell’Unione Europea — ad esempio quelli dell’Est — e finiscano nel lungo periodo per fare scelte come quella del Regno Unito?
«I trattati europei già oggi prevedono la possibilità che in certi ambiti singoli membri dell’Ue vadano avanti, qualora soddisfino determinati requisiti. Decisiva è l’apertura a tutti: ogni membro che lo desidera e ha i requisiti può aggregarsi. Dobbiamo tuttavia concordare ciò che vogliamo raggiungere insieme. E a tal fine negli Stati membri sono attualmente in corso dibattiti in parte molto diversi. In questo senso può essere utile riflettere sulla flessibilità in alcuni settori, con l’unico obiettivo di mantenere e rafforzare la coesione in Europa».
Si discute molto della «leadership tedesca» in Europa. Una leadership spesso contrastata sia all’interno del Paese sia dai partner europei. Anche sulla base della sua grande esperienza di affari esteri, come considera questo difficile «obbligo» morale e politico? Come farlo accettare a tedeschi ed europei?
«La Germania oggi è il Paese più popoloso ed economicamente più forte dell’Unione Europea. Per questo alcuni ci chiedono di assumere più leadership in Europa. Altri mettono
Fiducia nell’Italia Vogliamo contribuire a costruire il futuro comune in Europa. Contiamo sulla voce dell’Italia, sulle sue idee, le sue esperienze e i suoi punti di forza
in guardia dalla dominanza tedesca. Eppure è chiaro che la forza dell’Europa non può fondarsi sulla leadership di singoli Stati, bensì soltanto sulla responsabilità di tutti. Conosciamo le nostre possibilità, ma anche i nostri limiti. Vogliamo contribuire a costruire il futuro comune in Europa insieme ai nostri partner, sia i grandi che i piccoli, con pari diritti e pari doveri. In questo contiamo proprio anche sulla voce dell’Italia, sulle sue idee, le sue esperienze e i suoi punti di forza».
Crede che in questa fase politica l’Europa sia in grado di fare passi verso politiche comuni su immigrati, su difesa e sicurezza delle frontiere, su maggiori integrazioni economiche e finanziarie nell’area euro?
«Non riusciremo a fare tutto subito e a grandi passi. Dovremo essere pazienti, disponibili al compromesso e dovremo tenere in considerazione i contenuti degli argomenti di tutti i partner della Ue. Essi sono coinvolti in diversa misura in tutti i tre gli ambiti politici. Io però sono fiducioso che l’Unione Europea sarà in grado di sviluppare risposte condivise nelle tre attuali questioni decisive per il suo destino. Lo abbiamo fatto in passato e riusciremo a farlo anche in futuro».