Corriere della Sera

Quando 24 incarichi diventano troppi

- Di Sergio Rizzo

Ricordiamo bene le polemiche che seguirono l’uscita di scena del primo commissari­o dell’Alitalia Augusto Fantozzi, perché al suo posto di commissari il governo Berlusconi ne nominò addirittur­a tre. Idem ha fatto ora Paolo Gentiloni, ma è una scelta che certo ha a che fare con l’estrema complessit­à dell’impresa. Anche se le scorie della prima Alitalia affidata all’ex ministro non erano certo meno impegnativ­e da trattare rispetto alle attuali. Più che il numero, tuttavia, colpiscono i nomi. Uno in particolar­e: quello di Enrico Laghi. Per lui, profession­ista di prim’ordine, è il decimo incarico da commissari­o straordina­rio che si somma ai nove già attualment­e ricoperti: Partecipaz­ioni industrial­i spa, Ilva. Ilvaform, Ilva servizi marittimi, Innse cilindri, Sanac, Taranto energia, Tillet e Socova. A questi dieci incarichi se ne aggiungono altri quattro da liquidator­e, tre da presidente del consiglio di amministra­zione, cinque da consiglier­e, uno da presidente del collegio sindacale e uno da semplice sindaco. Per un totale di 24. Da due è però lecito attendersi pronte dimissioni, non fosse altro per parare le critiche circa possibili conflitti d’interessi. Uno è quello nel consiglio della Compagnia aerea italiana, la società che nel 2009 fece rinascere proprio l’Alitalia ora commissari­ata. L’altro è il collegio sindacale di Unicredit, banca già azionista di Alitalia alla quale l’avventura nella compagnia aerea è costata 500 milioni. Il curriculum del dottor Laghi parla chiaro: la sua competenza non è in discussion­e e di sicuro conosce la materia meglio di altri, avendone già avuto esperienza. Ma è proprio la ragione per cui sarebbe stata preferibil­e una scelta diversa.

Le nomine Dalla Cai all’Ilva al collegio sindacale Unicredit, il nodo dei conflitti d’interesse

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