Sì ai confini del '67 Hamas riscrive il suo manifesto
Ifuochi di artificio scrivono nel cielo gli auguri di compleanno, sono 69 dalla nascita di Israele. Nelle stesse ore i capi di Hamas riscrivono (in parte) il manifesto che nel 1988 ha sancito la nascita del movimento fondamentalista. Stretti tra «il nemico sionista» — come continuano a chiamarlo — le pressioni dei generali egiziani e quelle del raìs palestinese Abu Mazen, cercano di ritracciare la mappa politica dei dintorni: sono pronti ad accettare uno Stato nei confini del 1967, non rinunciano all’obiettivo di conquistare tutti i territori che vanno dal Giordano al Mediterraneo. Anche se non invocano più la distruzione dello Stato ebraico, di fatto ne auspicano ancora la cancellazione, tra quel fiume e quel mare non ci sarebbe posto. Il documento viene bollato da Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, come «fumo negli occhi, vogliono prendere in giro il mondo fingendo di essere moderati» . È stato approvato alla vigilia della visita di Abu Mazen a Washington e vuole ricordare a Trump che per discutere di un accordo deve ascoltare anche Hamas. Lo Stato palestinese da creare anche con le armi, proclama il testo, avrebbe come capitale Gerusalemme. Che è diventata ancora una volta il bersaglio di una risoluzione contro Israele approvata ieri dall’Unesco. Il governo israeliano considera un successo che dieci Paesi — tra cui l’Italia, Netanyahu ha ringraziato Angelino Alfano, il ministro degli Esteri — abbiano votato no. In passato si erano astenuti.