Corriere della Sera

Solo tre gol in Champions per l’argentino, uno meno di Dybala e Falcao, due del fenomeno Mbappé

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Alessandro Bocci

Quando sbuca dal tunnel dello stade Louis II, in maniche di camicia e con i pantaloni arrotolati sopra la caviglia, secondo la moda, Gonzalo Higuain ha lo sguardo teso, duro e concentrat­o di chi sa che quello di stasera è un esame cruciale. La Juve ha versato 90 milioni di clausola, strappando­lo al Napoli, perché il Pipita faccia la differenza in notti come questa e per dare corpo al sogno di mettere in bacheca la Champions svanita due anni fa a Berlino.

E invece, sinora, l’argentino si è esaltato solo nell’orto di casa. I suoi gol sono serviti per ipotecare l’ennesimo scudetto e la finale di Coppa Italia, traguardi che i bianconeri hanno centrato anche senza il centravant­i più forte del mondo. Ora Gonzalo deve cambiare marcia. Il tempo dell’attesa è finito. La Champions, sino adesso, lo ha frenato, intimorito, spinto indietro, regalandog­li un senso di inadeguate­zza che il Pipita vuole cancellare dentro lo stadio malandato del Monaco, incastonat­o nel tempio del lusso tra il mare e la montagna. I numeri rendono bene il senso di incompiute­zza e tangibile il disagio. Higuain, nell’avventura europea in bianconero, ha segnato solo tre gol, uno meno di Dybala e Falcao, due del fenomeno Mbappé, la stellina della squadra del Principato. E, in assoluto, ha lasciato il segno solo due volte nelle 24 partite giocate nella fase a eliminazio­ne diretta. Quando il gioco si fa duro, Higuain smette di giocare. Il perché se lo chiedono con un filo di ansia gli juventini, ed è una domanda traversale anche se tutti fanno finta di niente, a cominciare da Allegri: «Gonzalo è stato acquistato per migliorare la squadra e non va valutato solo per i gol. La sua annata, sino adesso, è stata ottima…». Il capitano Buffon va addirittur­a oltre: «Con il Barça non ha segnato, ma se abbiamo tenuto la porta inviolata è anche merito suo. E poi ha aiutato a rendere fluido il gioco d’attacco. Al di là dei gol spero che mantenga sino alla fine l’atteggiame­nto che ha avuto sin dal primo giorno in cui è venuto a Torino». Uno per tutti e tutti per il Pipita.

Higuain, sul campo per la ricognizio­ne, è un corpo estraneo. Parla appena con Marchisio e poi va dritto alla porta più lontana, la guarda, la studia,

In cerca della rete

la squadra con gli occhi. Contro il Barcellona, negli ottavi di finale, la scena se la sono presa gli altri: Dybala allo Stadium, la difesa di ferro al Camp Nou. Ora tocca a lui: deve schiantare la Tigre Falcao e fare paura ai ragazzi terribili di Jardim. La Champions sinora non è stato il suo territorio di caccia, ma deve diventarlo in fretta. Il Monaco se ha un difetto è l’incapacità endemica di sapersi difendere. Dybala può fare male negli spazi, saltando l’uomo nell’uno contro uno e creando superiorit­à numerica che servirebbe a vanificare il pressing francese. Higuain, invece, deve sempliceme­nte fare gol. Il prossimo, il trentesimo della stagione, potrebbe essere il più importante.

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