Il caso Muntari divide il calcio e non solo Esempio per l’Onu, squalificato in Italia
Un turno al ghanese uscito dal campo dopo gli insulti razzisti. Cagliari assolto
Oltre a suscitare le prevedibili reprimende pubbliche da parte della stampa internazionale, alcune peraltro molto severe, a partire dal Guardian che ha scritto di un’Italia che «continua a faticare sul razzismo», la storiaccia degli insulti a Sulley Muntari durante Cagliari-Pescara ha spinto di nuovo l’Onu a scendere in campo e a prendere parola. Non è la prima volta che succede, nel 2013 Kevin Prince Boateng fu addirittura invitato a parlare dopo gli urlacci omofobi subiti durante un’amichevole col Milan a Busto Arsizio, ma la risolutezza con la quale stavolta l’Alto Commissario per i diritti umani Zeid Ra’ad al-Hussein ha affrontato il tema invitando la Fifa a una «maggiore attenzione» è la prova di come l’episodio non sia più solo un affare italiano ma abbia preso una piega mediatica parecchio più ampia.
Muntari, che ieri a Pescara ha ricevuto la visita del console ghanese in Italia, «è un esempio nella lotta al razzismo ed è da ispirazione per tutti noi — le parole del diplomatico giordano —. È necessario fare di più». In realtà alcuni dati impietosi mostrano come il fenomeno almeno a questi latitudini sia ben lontano dall’essere sradicato: secondo l’ultimo report disponibile dell’Osservatorio, nel 2014/15 in A si sono registrati ben 28 episodi, quindi una inquietante media di tre al mese.
Resta la sensazione netta di esser di fronte a un cancro sottovalutato che viene sfidato con strumenti inefficaci suggeriti più dall’emotività del momento che da una lucida strategia. Nello stesso comunicato attraverso il quale ieri il giudice sportivo ha squalificato Muntari per una giornata «perché abbandonava il terreno senza autorizzazione del
L’Onu Muntari è un esempio nella lotta al razzismo La Fifa deve prestare maggiore attenzione a un problema così grave
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