Migranti, il dossier delle accuse
Frontex sulle Ong: «Contatti diretti con i barconi». La replica: «Infamie»
Contatti diretti tra gli scafisti che traghettano i migranti dalla Libia all’Italia e otto Ong impegnate nei soccorsi in mare. Il dossier di Frontex al pm di Catania, Carmelo Zuccaro, coinvolge anche la Guardia costiera libica. Dalle loro motovedette e dagli scafisti partirebbero le telefonate alle navi delle Ong, che in un caso avrebbero bloccato un’operazione di rimpatrio. Le associazioni: solo infamie. Zuccaro in Senato: non tutti filantropi. Il Guardasigilli lo difende.
ROMA L’ultimo indizio riguarda presunte collusioni tra la Guardia costiera libica e i trafficanti che fanno partire i migranti, già emerse da altre segnalazioni e ribaditi in seduta segreta. Poi ci sono i contatti via radio o via Internet tra persone che stanno in Libia e parlano di mettere gente in mare, con altre a bordo delle navi affittate dalle Ong pronte a prenderle a bordo; e i transponder di alcune di quelle navi che improvvisamente si spengono e fanno scomparire il segnale dai monitor dei controllori, forse prima di sconfinare nelle acque territoriali. Notizie frammentarie e comportamenti sospetti che il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro conferma e chiede di non lasciar cadere nel vuoto. «Di fronte a questi fatti credo di avere il dovere di informarvi — spiega davanti alla commissione Difesa del Senato — e avvertire che con i mezzi che attualmente abbiamo a disposizione non siamo in grado di svolgere indagini efficaci, come invece sarebbe opportuno fare».
Dunque il magistrato finito nell’occhio del ciclone per aver lanciato accuse senza prove (per sua stessa ammissione) alle organizzazioni umanitarie che svolgono soccorso in mare, prova a chiarire ma non rinnega nulla di quanto affermato nei giorni scorzi. Anzi, ripete che la presenza delle navi straniere a ridosso delle acque libiche ha reso quasi impossibile il lavoro a volte proficuo svolto in passato del suo ufficio, e insiste sulla necessità di scoprire chi finanzia alcune associazioni nate di recente che spendono centinaia di migliaia di euro per affittare natanti immatricolati a Panama, nelle Marshall o in altri Stati notoriamente «non collaborativi» con l’autorità giudiziaria: «La presenza all’interno delle Ong di profili non collimanti con la filantropia appare di indubbia rilevanza, e giustifica accertamenti».
Per farli, però, servirebbero più risorse e mezzi; anche costosi, come quelli per intercettare le telefonate satellitari degli scafisti. Oppure «la possibilità di far alzare in volo aerei delle nostre forze nel momento in cui una nave disattiva il transponder, in modo da seguirne la rotta e verificare se entra nelle acque libiche». Il procuratore suggerisce anche di far salire sulle piattaforme delle Ong ufficiali di polizia giudiziaria italiani, «non per controllarle ma perché possono fare rilievi che il personale delle organizzazioni non è autorizzato a fare». In questo modo si potrebbero svelare misteri come quelli dei telefoni satellitari che, in caso di soccorsi da parte delle associazioni umanitarie, non vengono gettati come avviene negli interventi statali, ma «recuperati da terze persone e successivamente riutilizzati per altre richieste di aiuto». Un altro indizio di possibili collusioni.
Nella sua analisi — basata su notizie riportate da Frontex e dagli apparati militari, non dai servizi segreti — il magistrato catanese sostiene che il numero di vittime del mare non è diminuito con i soccorsi anticipati in prossimità della costa libica dalle Ong, perché la loro presenza induce gli scafisti a caricare i barconi di legno oltremisura, e a utilizzare gommoni di fabbricazione cinese per nulla sicuri.
Mentre Zuccaro parla in Senato, il Csm continua a interrogarsi sulla liceità e opportunità delle sue denunce pubbliche (oggi sarà annunciata l’apertura di un’indagine, ma non per il trasferimento d’ufficio). Sulla questione interviene il Guardasigilli Andrea Orlando: «Non mi pare che ci sia un illecito disciplinare che giustificherebbe un intervento del ministero». E il procuratore spiega: «Il mio focus non sono le Ong ma i trafficanti; non ho mai fornito dettagli sulle indagini in corso, ma denuncio un fenomeno, un rischio che coinvolge anche le Ong. Se non lo facessi, la riterrei una forma di connivenza».