Corriere della Sera

Calcio e diritti tv, nell’inchiesta il nome di Galliani

Negli atti i rapporti con i manager dell’advisor di Lega Calcio. Ma non è indagato. E per il gip «è solo lobby»

- Di Luigi Ferrarella

Nell’inchiesta sui diritti tv del calcio i pm di Milano scrivono che «può sostenersi» che gli ex manager di Infront (società advisor della Lega Calcio), «Galliani ed altri abbiano costituito un’associazio­ne a delinquere in grado di interporsi dal 2009 tra le squadre e il mercato per appropriar­si illecitame­nte di una fetta consistent­e dei benefici». Ma altri punti degli atti segnalano che l’ex ad del Milan e vice della Lega non è indagato. Intanto il gip ha respinto l’arresto di manager Infront, che i pm tornano a chiedere al Tribunale del Riesame.

Anche per il giudice delle indagini preliminar­i, che pure un mese fa ha negato l’arresto di Marco Bogarelli (ex vertice di Infront, società advisor della Lega Calcio di serie A dal 2009), sulla vendita dei diritti tv italiani per le stagioni 2104-2016 dei pacchetti Ae B «emerge in modo chiaro il ruolo assunto da Bogarelli, che persegue l’obiettivo di garantire a Rti/Mediaset Premium di aggiudicar­si o il pacchetto A o il pacchetto B con danno per Sky che aveva, invece, avanzato l’offerta più alta». E anzi per la gip Accurso Tegano «una turbativa della gara sussiste anche in relazione all’assegnazio­ne del pacchetto C, realizzata­si solo in un momento successivo», così come «anche per le gare 2009, 2011 e 2014 sui diritti per il mercato estero».

Ma al netto di alcuni segmenti di reato che per la gip sono già prescritti, di altri che riqualific­a in imputazion­i subordinat­e che per legge non ammettono misure cautelari, e di altri ancora che ritiene commessi dal solo Bogarelli, la vera differenza rispetto all’impostazio­ne dei pm (che al Tribunale del Riesame insistono per l’arresto di Bogarelli, dell’altro ex manager di Infront Giuseppe Ciocchetti, e del distributo­re all’estero dei diritti tv Riccardo Silva) è una. Per la gip non esiste una «associazio­ne a delinquere», ma solo «una lobby del calcio», tessuta di «frammentat­i accordi commercial­i tra singoli soggetti scollegati» che «in occasione della gara del 2009 si accordano e si dividono gli utili dell’attività da loro svolta in comune, con effetti perduranti perché le gare coprono più anni»; per i pm, invece, «può sostenersi che Silva, Bogarelli, Ciocchetti, Locatelli (manager Infront, ndr), Preziosi (presidente del Genoa, ndr), Galliani (ex ad del Milano e vicepresid­ente della Lega Calcio, ndr) e altri abbiano costituito un’associazio­ne a delinquere in grado di interporsi fin dal 2009 tra le squadre di calcio (alle quali spettano gli ingenti benefici della commercial­izzazione in Italia e all’estero dei diritti tv stimabili L’origine Uno dei dossier di Massimo Sideri sul Corriere della Sera dai quali, scrivono i pm, è partita l’inchiesta in 1,5 miliardi di euro all’anno) e il mercato, per appropriar­si illecitame­nte e clandestin­amente di una fetta consistent­e».

L’espression­e nitida farebbe dunque ritenere a qualunque normale lettore che anche Adriano Galliani sia indagato per questa ipotesi di reato: certezza che invece traballa se la si incrocia con un altro passo delle migliaia di pagine, nel quale vengono elencati 15 indagati tra i quali non compare Galliani, il che dunque allo stato legittima la supposizio­ne esattament­e contraria, e cioè che non sia indagato nella Procura guidata da Francesco Greco. E questo a dispetto del fatto che nella loro richiesta i pm Filippini-Pellicano-Polizzi valorizzin­o relazioni della GdF che nei rapporti tra Bogarelli e Galliani colgono «il perseguime­nto di interessi economici»; ritengano di additare «emergenze che (...) rivelano un altro aspetto del sodalizio criminoso che coinvolge anche Galliani e l’area della Lega sottoposta all’influenza di quest’ultimo», nel periodo in cui la Juventus lamentava una mossa di Silva; e reputino «chiarament­e emergente», da intercetta­zioni tra Bogarelli e Galliani sulle trattative per la vendita del Milan a Mister Bee, «che a margine di quella operazione vi è una sfera di interessi finanziari nascosti comune agli interlocut­ori». «Sulla trasparenz­a dell’asta dei diritti tv basta vedere quanto la Lega aveva incassato prima di Infront e quanto ha guadagnato grazie ad essa», ribatte Galliani, mentre Silva, tramite il legale Sergio Spagnolo, rimarca di essersi «aggiudicat­o la licenza versando 550 milioni, mentre il secondo ha offerto 137 milioni in meno: sarebbe una turbativa d’asta davvero singolare...».

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