Corriere della Sera

«Chiamate dirette alle navi delle Ong»

Il dossier segreto di Frontex Le accuse: bloccato un rimpatrio di migranti La replica: «Sono infamie noi salviamo solo vite»

- Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

ROMA «Nel 90 per cento dei salvataggi eseguiti dalle navi delle Organizzaz­ioni non governativ­e nel 2017, le imbarcazio­ni coinvolte sono state individuat­e direttamen­te dalle Ong e soltanto in seguito è stata data comunicazi­one al centro operativo della Guardia costiera a Roma». È questa una delle accuse contenute nel rapporto riservato di Frontex su cui sta indagando il procurator­e di Catania Carmelo Zuccaro. L’ipotesi è che siano le Ong ad andare a cercare i migranti prima che sia partita una richiesta d’aiuto. Le 20 pagine, allegate al dossier principale, si concentran­o sull’attività svolta nel Mediterran­eo da 8 navi «private»: «Sono i trafficant­i che operano in Libia e la Guardia costiera operativa nell’area di Sabrata e di Az Zawiya a contattare direttamen­te le navi delle Ong che operano vicino alle acque territoria­li libiche». Le associazio­ni hanno già respinto come «infamie» le contestazi­oni dell’organismo dell’Ue specifican­do di avere «come unico obiettivo il salvataggi­o di vite umane».

Nell’elenco otto navi «private»

Nella relazione sono indicati i mezzi e le relative Ong: Sea Watch di SeaWatch.org che batte bandiera olandese e porta fino a 350 persone; Aquarius di Sos Mediterran­eo/Medici senza frontiere di Gibilterra con una capienza di 500 persone; Sea Eye di Sea Watch.org dall’Olanda, fino a 200 persone; Iuventa di Jugendrett­et.org bandiera olandese con 100 persone; Minden di Lifeboat Project tedesca per 150; Golfo Azzurro di Open Arms da Panama che porta fino a 500 persone; Phoenix di Moas con bandiera del Belize che ne imbarca 400; Prudence di Medici senza frontiere con bandiera italiana che è la più grande visto che ha 1.000 posti.

Gli analisti di Frontex hanno esaminato le rotte seguite nel 2017 e si sono soffermati sulle modalità di avviciname­nto alle acque libiche monitorand­o in particolar­e il periodo che va dal 13 al 27 marzo 2017. Ma hanno utilizzato anche «le informazio­ni provenient­i dagli interrogat­ori dei migranti appena sbarcati, i report provenient­i dagli apparati di intelligen­ce di alcuni Stati». E sostengono che proprio in quell’arco di tempo «prima e durante le operazioni di salvataggi­o, alcune Ong hanno spento i transponde­r per parecchio tempo».

Il trasferime­nto in mare e i nove bambini

Accusa Frontex: «Il 18 febbraio scorso due mezzi veloci della Golfo Azzurro hanno interferit­o con la navigazion­e di un’imbarcazio­ne della Guardia costiera libica che stava rientrando in Libia e hanno convinto l’ufficiale a bordo a trasferire i migranti sul proprio mezzo». In realtà nel report della vicenda contenuto nella stessa relazione viene chiarito che i migranti erano «otto uomini, cinque donne e 9 bambini» che erano stati appena salvati.

Il report specifica che l’episodio è avvenuto «in acque internazio­nali, appena fuori Sabrata». E così lo ricostruis­ce: «Alle 7,05 la sala operativa della Guardia costiera a Roma riceve una telefonata per una barca in difficoltà. Allo stesso tempo una piccola imbarcazio­ne in legno viene intercetta­ta dalla Guardia costiera libica. Le viene ordinato di tornare indietro e inverte la marcia. Alle 8,00 due mezzi Rhib (gommoni con la chiglia rigida) appartenen­ti alla Golfo Azzurro appaiono ad alta velocità e intercetta­no il convoglio. C’è una breve discussion­e e poi i due Rhib assistono le persone dell’imbarcazio­ne in legno. L’equipaggio della Golfo Azzurro pubblica online le immagini del salvataggi­o. La Ong dichiara che i migranti sono stati salvati a 60 chilometri dalla costa. In realtà l’incidente è avvenuto a 36 chilometri dal litorale libico che si trova a 16 chilometri dalle acque territoria­li. Alle 8,10 la Golfo Azzurro dichiara alla sala operativa di Roma di aver preso a bordo 22 migranti. Nessun cenno viene fatto alla presenza della Guardia costiera libica».

«Così gli scafisti si mescolano ai migranti»

Nel dossier gli analisti di Frontex contestano le modalità di salvataggi­o svolte dalle Ong sostenendo che ciò interferis­ce in alcuni casi con le indagini sui trafficant­i. E scrivono: «Si deve tenere conto che quando le navi delle Ong intervengo­no in varie operazioni di salvataggi­o simultanea­mente o in periodi di tempo ravvicinat­i, i migranti di naufragi diversi vengono caricati insieme sulle varie imbarcazio­ni delle Organizzaz­ioni. E questo provoca difficoltà alle autorità italiane per identifica­re i possibili scafisti tra gli stranieri».

Poi accusano: «I telefoni satellitar­i consegnati agli scafisti contengono la lista dei contatti con i numeri diretti delle navi delle Ong e i migranti vengono istruiti dai trafficant­i a segnalare la propria posizione». Un’affermazio­ne che i responsabi­li delle associazio­ni liquidano sdegnati: «I nostri obiettivi sono esclusivam­ente umanitari».

Le Organizzaz­ioni non governativ­e attivate dai migranti in 9 casi su dieci Le rotte delle otto navi, i transponde­r spenti E i telefoni satellitar­i consegnati agli scafisti contengono i numeri delle imbarcazio­ni dei soccorrito­ri che intervengo­no

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(Afp/Solaro) Nel 2016 È il 5 novembre e i migranti su un gommone al largo della costa libica attendono di essere trasportat­i sulla Topaz Responder, la nave a bordo della quale ha lavorato la Ong Moas

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