Corriere della Sera

Campania, lo strano voto tra «record» e denunce

I pm aprono un’inchiesta a Ercolano sugli extracomun­itari pro Renzi ai gazebo Orlando: oltre ogni limite, se fosse vero Boom di elettori da Salerno ad Agropoli

- di Marco Demarco @mdemarco55 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Meno 199 mila votanti in Emilia-Romagna, più 28 mila in Puglia. Meno 183 mila in Toscana, più 9 mila in Basilicata. Meno 111 mila in Lombardia, più 5 mila in Abruzzo. Il voto meridional­e ha salvato il Pd dallo svuotament­o e ridotto gli effetti del down sizing, del calo di peso e del conseguent­e cambio di taglia, ma la meridional­izzazione del partito potrebbe portare a Renzi, che pure al Sud ha trovato conferme da record, più problemi che soluzioni. È così non solo nel regno di Michele Emiliano, in quella Puglia sempre più antagonist­a dove il governator­e può ora far pesare anche il suo 10% nell’assemblea nazionale del Pd, ma anche in Sicilia, dove Rosario Crocetta, già con la mente alle prossime Regionali, invia messaggi polemici al neo segretario del partito. «Qui — dice Crocetta — Renzi ha ottenuto un risultato inferiore al testo d’Italia, e questo vuol dire che è stato sconfitto anche Davide Faraone». Tradotto: «I renziani locali vorrebbero farmi fuori con le primarie, ma io sono ancora in campo e da qui non mi sposto».

Dove il terreno è più franoso è però è in Campania. E non a caso Renzi è atteso per sabato a Castelvolt­urno, dove ci sono più immigrati clandestin­i che italiani e dove domenica hanno votato solo in 160, nonostante l’amministra­zione sia a guida Pd. Nella Campania di Vincenzo De Luca, però, ci sono realtà in cui Renzi sfiora addirittur­a il 90% dei consensi. Come ad Agropoli, dove è sindaco Franco Alfieri, passato alla storia per le fritture di pesce elettorali. O a casa del governator­e campano, a Salerno, dove può capitare di sfogliare le pagine de Il Mattino e leggere, come se nulla fosse, cronache del tipo: «Vincenzo De Luca ordina e i sudditi obbediscon­o». Oppure: «La macchina da guerra messa in campo dal presidente della Regione ha funzionato alla perfezione». Naturalmen­te, il cronista c’entra poco, perché si limita a scrivere quel che vede e sa. E la realtà è appunto questa. A Salerno e provincia, dove i residenti sono un milione, hanno votato grossomodo gli stessi elettori dell’area metropolit­ana di Napoli, dove i residenti sono però tre volte tanto: 47 mila votanti a Salerno, 51 mila a Napoli. È un dato che non convince affatto la corrente di Orlando, pronta a farne oggetto di un ricorso. Ma è un dato che conferma il passaggio a una Campania ormai sempre più salernocen­trica. Ciò che più colpisce è che ciò sia accaduto nonostante casi di forte organizzaz­ione del voto ci siano stati anche in provincia di Napoli. A Ercolano, per esempio, dove hanno votato in 5 mila su 40 mila elettori. Un altro record, di cui il sindaco Ciro Buonajuto va fiero, ma su cui la Procura ha aperto un fascicolo per via di quei cinquanta immigrati trasportat­i al seggio da un vicino centro di accoglienz­a, e a cui qualcuno, secondo le testimonia­nze raccolte dal sito Fanpage, avrebbe offerto i due euro per ritirare la scheda. Ercolano a parte, resta il voto di Napoli città, dove per il Pd l’effetto down sizing è inarrestab­ile da anni, come ben sa, perché è il primo a guadagnarc­i, il sindaco de Magistris. Nel 2013 gli elettori furono 23 mila, ora sono stati 10 mila in meno, e tra questi c’è anche Antonio Bassolino, l’ex sindaco prossimo a varcare la porta di uscita del partito. Il voto di Napoli conferma che in Campania Renzi ha messo in campo — quasi a volerli sperimenta­re — due modelli di partito. Da una parte quello di De Luca, il cui primogenit­o Piero è tra i primi eletti all’assemblea nazionale; dall’altra quello, diametralm­ente opposto, del filosofo Biagio de Giovanni, iscrittosi al Pd, con un nutrito gruppo di intellettu­ali, subito dopo la sconfitta referendar­ia proprio per non archiviare la stagione riformista. Da una parte il partito di governo, familistic­o e potente; dall’altra quello da offrire come nuovo riferiment­o di un movimento d’opinione. A conti fatti, non vi è alcun dubbio su quale dei due modelli abbia reso di più dal punto di vista dei consensi. Da qui il problema Napoli, che resta per Renzi, nonostante l’entusiasmo dell’ultra ottantenne de Giovanni, un problema aperto.

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