Il risarcimento alle camicie verdi (dopo 21 anni)
Volevano l’indipendenza e si costituirono in «Guardia nazionale padana». Vent’anni dopo, la Corte d’appello di Brescia ha condannato il ministero della Giustizia a «un’equa riparazione» nei loro confronti: il processo è stato troppo lungo. Prosciolti lo scorso settembre, i 34 ex imputati hanno diritto a 7.360 euro ciascuno. Lo riceveranno solo i 14 che ne hanno fatto richiesta attraverso l’avvocato Attilio Fontana, già sindaco di Varese.
Non poteva che essere surreale la fine della telenovela politico giudiziaria da cui i capi leghisti erano giù usciti per le immunità parlamentari. Una vicenda ormai preistoria: con la svolta «nazionale» della Lega e i centri sociali napoletani che festeggiano a Pontida, quei giorni paiono remoti. L’immagine più famosa, quella su cui si fondò l’epos indipendentista, vede Roberto Maroni steso a terra, contuso, dopo l’irruzione della polizia nella sede della Lega in via Bellerio.
Commenta Roberto Calderoli: «Un processo che non avrebbe mai dovuto neppure iniziare, trattandosi solo di opinioni liberamente espresse». Non la pensa così Guido Papalia, l’ex procuratore di Verona, che nel 1996 aprì il fascicolo sulla «Guardia nazionale padana» per attentato alla Costituzione e all’integrità dello Stato: «Le indagini — spiega — sono durate un anno e anche il processo è iniziato subito». E i ritardi «sono stati causati principalmente dai politici. E in particolare proprio da Calderoli che quando era ministro ha fatto in modo che venisse cancellata la legge che puniva le organizzazioni paramilitari». Detto questo, «io per primo dopo tanti anni ho detto che non aveva più senso, e che la cosa più logica sarebbe stata la prescrizione». Papalia conclude amaro: «Certo che, con questo risarcimento, chi è stato causa di quel ritardo processuale viene premiato».