Muore cercando di sfuggire ai vigili Scoppia la rivolta: «L’hanno investito»
Roma, il senegalese di 54 anni vendeva borse sul Lungotevere. Il 118: è stato un infarto
Il sacco nero pieno di borse clonate non aveva voluto lasciarlo. Se l’era portato dietro, pesante com’era, nella fuga sul lungotevere, non appena aveva visto avvicinarsi cinque-sei vigili urbani. Nelle false griffe ci aveva investito troppi soldi. Gli agenti non erano in divisa, ma Magatte Niang lo sapeva che erano lì per lui e per gli altri ambulanti che tutti i giorni sbarcano il lunario su ponte Fabricio, all’Isola Tiberina.
Magatte sapeva anche che quello di ieri mattina sarebbe stato uno dei tanti capitoli della quotidiana sfida con la Municipale: fuggire per non farsi sequestrare tutto, poi tornare indietro e ricominciare a lavorare. Ma non poteva certo immaginare che sarebbe stato il suo ultimo giorno. Né che la sua morte avrebbe scatenato in un attimo la rivolta di una cinquantina di senegalesi che, per ore, hanno bloccato il lungotevere, paralizzato un pezzo di centro fra la Sinagoga e il ministero della Giustizia, e rimbalzato in tutto il Paese la notizia che Magatte non era stato stroncato da un infarto bensì da un agente in borghese in sella a uno scooter, che lo aveva travolto e fatto cadere.
«L’hanno ucciso»
Voci che si sono rincorse a lungo (almeno fino alla smentita ufficiale), come quella addirittura peggiore di vigili urbani visti spostare il suo corpo dalla strada al marciapiede di via Beatrice Cenci. «Non è vero niente, non abbiamo inseguito, né investito nessuno», smentisce seccamente il vicecomandante della Municipale, Antonio Di Maggio, che ha preso a sommarie informazioni, un giovane amico di Magatte, Diop Ngange, e un altro ragazzo: davanti ai cronisti, nel luogo dove l’ambulante si era accasciato, avevano raccontato una storia ben diversa da quella del malore.
Sul marciapiede all’angolo con lungotevere de’ Cenci c’era ancora il sangue perso dal senegalese che lì, alle 12.40, secondo la testimonianza dei titolari del negozio di cucine
«Arc Linea», «si è accasciato dopo aver camminato a fatica per qualche metro — raccontano —. Si vedeva che stava male, reggeva il sacco in mano, poi si è inginocchiato accanto a una transenna e ha perso i sensi. Quando gli infermieri lo hanno girato gli è
uscito sangue dalla bocca». Versione confermata dagli inquilini del palazzo di fronte e da altri commercianti del quartiere.
Non era clandestino
Ma ciò non sminuisce certo la portata della tragedia, in una metropoli dove gli ambulanti abusivi sono stimati in circa 10 mila e dove da anni si combatte una guerra giornaliera contro chi fornisce loro merce contraffatta da vendere in zone ad alta densità turistica. Un giro d’affari di centinaia di milioni di euro all’anno, basato su manodopera spesso clandestina che a malapena riesce a sopravvivere.
Magatte — 54 anni, originario della provincia di Louga (a circa 200 chilometri da Dakar), a Roma dal ‘93 quando è stato identificato la prima volta — nonostante ripetute denunce per contraffazione aveva almeno ottenuto un permesso di soggiorno che sarebbe scaduto fra un anno. Abitava al Pigneto, in via Campobasso, con moglie e due figli. Altri parenti
si trovano in Senegal ma dovrebbero arrivare nei prossimi giorni. «Qui era un punto di riferimento per la comunità. Non si può morire per mandare qualche soldo a casa», commenta chi lo conosceva.
Per i medici del 118, che hanno tentato di rianimarlo per quasi mezz’ora, il cinquantenne è stato ucciso da un attacco di cuore, ma sarà l’autopsia a
L’inchiesta La Procura ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato e disposto l’autopsia
dirlo con certezza. La Procura ha aperto un fascicolo, per ora senza ipotesi di reato. «Siamo addolorati per la sua morte», aggiungono i vigili mentre la Questura sottolinea che non «c’è collegamento fra l’operazione della Municipale e il decesso del senegalese».