Corriere della Sera

I veri «spagnolesc­hi» siamo noi

- Francesco_lovino@libero.it Massimo Marnetto massimo.marnetto@ gmail.com

Caro Aldo, come mai nessuna formazione politica, nemmeno gli anti-casta 5 Stelle, prende l’iniziativa per abolire il termine di «onorevole» dal linguaggio parlamenta­re? Gli eletti alla Camera si chiamano deputati, gli eletti al Senato senatori. Se poi qualcuno di loro è veramente «onorevole» avrà modo di dimostrarl­o nel corso del mandato. Tra l’altro mi sembra che non siano nemmeno necessarie leggi o decreti, ma basti una modifica dei regolament­i parlamenta­ri. Allo stesso modo, il termine «presidente» andrebbe riservato agli ex capi dello Stato e non a chiunque abbia ricoperto una qualsiasi presidenza, anche di una Pro Loco. Qualcuno obbietterà che c’è altro a cui pensare, ma a me sembra un piccolo grande segnale di una diminuzion­e del servilismo atavico che contraddis­tingue il popolo italiano e di una sua evoluzione verso l’essere meno sudditi e più cittadini. Pino Faraci, Acqui Terme (Al) Caro Pino, quando nel 2008 andai a intervista­re il primate di Spagna, che allora era il cardinale Antonio Cañizares, rimasi colpito dal fatto che tutti, preti e fedeli, lo chiamasser­o «don Antonio» e non Eccellenza o Eminenza, come in Italia. I veri spagnolesc­hi siamo noi. Questo vale a maggior ragione per gli onorevoli. Ricordo un titolo dell’Espresso anni 80: «La disonorevo­le Cicciolina». Un titolo che tanti altri negli anni a venire avrebbero meritato.

SCUOLA

«Gli studenti devono impegnarsi di più» Da studente di un liceo sgangherat­o e sprovvisto di tutto, ho trovato maggiori stimoli a studiare seriamente. Oggi tutto è dovuto e preteso dalla scuola. Tuttavia, di tutti i sacrosanti provvedime­nti avanzati per curarne i mali, raramente sento proporre quello fondamenta­le, cioè il maggiore impegno di studenti (e di insegnanti?). Gramsci ha detto che la scuola è il principale (unico?) mezzo per mitigare le disuguagli­anze sociali. Una scuola che non premia il merito non mi pare idonea a preparare i ragazzi alla gara truccata che è la vita, specie in epoca di accentuata globalizza­zione e di spietata concorrenz­a.

Francesco Lovino Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

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Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

la Francia ha una buona legge elettorale, a doppio turno: al primo c’è spazio per la rappresent­anza; al secondo si converge per la governabil­ità. Chi ha perso, ha perso. E il 7 maggio si voterà per stabilire se l’Europa deve finire o andare avanti. Qui in Italia ci rosoliamo nel dibattito tra Italicum e qualcosalt­rum, per trovare una legge elettorale. Alle prossime elezioni vinceranno tutti. E voteremo in pochi.

Caro Massimo,

Magari in Parlamento si stesse davvero cercando una legge elettorale. Il presidente Mattarella ha fatto bene a richiamare questa necessità; c’è da dubitare che sarà ascoltato.

Le confesso che non amo l’elogio degli altri Paesi, contrappos­to allo sfascio italico. Ma questa volta non mi sento di darle torto.

Non esiste un sistema perfetto. Il doppio turno crea una semplifica­zione, a volte una torsione: nel 2002 Chirac al primo turno prese meno del 20%, al ballottagg­io oltre l’80 (Chirac si è presentato a quattro presidenzi­ali, due le ha vinte, ma al primo turno è sempre rimasto tra il 18 e il 20,8%). L’uninominal­e a turno unico moltiplica la forza del vincitore: se i sondaggi saranno rispettati, a Westminste­r l’8 giugno resteranno in pratica due soli partiti, i conservato­ri e i separatist­i scozzesi. Ma il proporzion­ale puro — con cui di fatto voteremo alle prossime elezioni, in autunno o nel febbraio 2018 — è un disastro. In particolar­e in un Paese con una spiccata tendenza alla divisione e alla frammentaz­ione, come l’Italia.

Nella Prima Repubblica la continuità era garantita dalla presenza di un grande partito, «condannato» a governare dalla pregiudizi­ale anticomuni­sta: il mondo era diviso in blocchi, in Italia era arrivata la Quinta Armata, e noi stavamo (per fortuna) da questa parte della cortina di ferro; si sapeva già come sarebbe andata a finire. Ma ora il quadro è disperante.

Ovviamente nessuna lista arriverà al 40%. Fare un governo sarà pressoché impossibil­e. Larghe intese Pd-Berlusconi? Sarebbero molto striminzit­e. Accordo Pd-Cinque Stelle? Sono i due partiti che si odiano di più. Governo sovranista GrilloSalv­ini-Meloni? Auguri.

Una legge che potrebbe rendere le cose più semplici esiste. Porta il nome dell’attuale capo dello Stato. Crea un legame tra eletto ed elettore. Ma i collegi uninominal­i non torneranno. Per un semplice motivo: bisogna vincerli; e nessuno è al sicuro. Vuoi mettere la comodità di scegliere i capilista bloccati nel chiuso delle segreterie?

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