Corriere della Sera

Maxi-utile Volkswagen Vendite su del 10%, profitti a 4,4 miliardi

- Raffaella Polato D.Ta.

Il colpo poteva essere da ko. Per molti lo sarebbe stato e anche in Volkswagen, in effetti, si sono ritrovati così storditi da metterci un po’ pur solo ad ammetterlo. Quando però si sono decisi, e hanno iniziato le grandi pulizie dal dieselgate, insieme è ricomincia­ta la scalata. Prima — 2016 — a Wolfsburg si sono ripresi il titolo di costruttor­e numero uno al mondo strappando­lo a Toyota (che a sua volta se l’era ripreso nel 2012, dunque indipenden­temente dallo scandalo dei motori truccati). Ora, con i 4,37 miliardi di utili operativi su 56,2 di fatturato del solo primo trimestre 2017, confermano che sì, certo, smaltire del tutto le conseguenz­e Il fatturato del gruppo di Wolfsburg è aumentato del 10%. L’effetto Cina miliardi di euro Il fatturato della casa automobili­stica tedesca nel trimestre dire, soprattutt­o, che la politica di taglio dei costi (ma non degli investimen­ti) avviata da Müller funziona.

Lui, presentand­o la trimestral­e, lo rivendica: «I nostri sforzi stanno pagando, questi sono i primi effetti tangibili». Gli analisti, da parte loro, glielo riconoscon­o. Anche se poi, in Borsa, il titolo va giù. Perché, nonostante la robusta trimestral­e, sui target 2017 l’amministra­tore delegato si attiene alla linea conservati­va: l’outlook non cambia. E soprattutt­o, è vero che i costi del dieselgate saranno più sostenibil­i. Ma sempre costi saranno.

Il fatturato

Secondo azionista la famiglia reale del Qatar Ad aprile aumento di capitale da 8 miliardi

di un anno fa, anche di sei mesi fa. Le prospettiv­e di business, però, non sono ancora brillanti. È vero che nel primo trimestre dell’anno ha registrato un utile netto di 571 milioni, il 52% in più del primo trimestre del 2016. Ma il risultato è stato realizzato soprattutt­o attraverso il taglio del 12% dei costi.

Nello stesso periodo, le entrate sono scese del 9%, a 7,3 miliardi, un risultato deludente, segnato da perdite di quote di mercato nei confronti delle grandi big banks americane, soprattutt­o nell’investment banking. Cryan, che ha fama di grande ristruttur­atore bancario, dovrà dunque sempre più concentrar­si sulla crescita dell’attività.

L’acquisizio­ne annunciata ieri dalla conglomera­ta Hna Group dovrà essere valutata, nella sua portata, nelle prossime settimane e mesi. Il gruppo cinese ha aumentato la quota che già possedeva da febbraio nella Deutsche Bank al 9,9%, il che ne fa il primo azionista singolo davanti a Black Rock (5,9%) e a due veicoli d’investimen­to della famiglia regnante del Qatar che assieme si avvicinano al 10%. Sul senso dell’investimen­to cinese e sulla strategia dell’Hna Group — se speculativ­a o politicame­nte voluta da Pechino — ieri si interrogav­ano i mercati. Per ora, la cosa certa è che la conversazi­one su Deutsche Bank è cambiata: ieri era un rischio, ora, forse, è un’opportunit­à.

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