Corriere della Sera

Monicelli dimenticat­o

Il caso Chiara Rapaccini, per 30 anni compagna del regista, contesta la scelta della Fondazione Grosseto Cultura «Sparito il premio intitolato a Mario: un’offesa alla commedia italiana e a un’intera generazion­e di maestri»

- Valerio Cappelli

Non si sono rivelati davvero amici suoi, amici di Mario Monicelli. «Ci sono rimasta malissimo. Dopo quattro anni, è stato deciso di cancellare il premio intitolato a Mario». Chiara Rapaccini è stata la compagna del grande regista negli ultimi trent’anni della sua vita. Si erano conosciuti sul set di Amici miei. Chiara aveva 19 anni, era una delle comparse fisse al Comunale di Firenze, quando in città dalla lirica si passava a un set, bisognava prendere loro.

La Fondazione Grosseto Cultura, che fa capo al Comune, ha azzerato il premio «Monicelli». Dicono che non ci sono soldi e c’è stato il cambio politico: ora comanda il centrodest­ra, Monicelli era di tutt’altre idee. Nato da un’idea di Mario Sesti, con 20 mila euro si premiava la commedia ignorata ai festival (Verdone, Brizzi, Veronesi), e si dava vita a iniziative che duravano tutto l’anno: proiezioni, corsi di critica. «Era il modo migliore per

far rimanere vivo il nome di Mario», dice Chiara Rapaccini, pittrice e scrittrice. Perché?

«Perché ancora prima che ricordare il maestro della commedia all’italiana, si sono coinvolti spiriti liberi, combattivi e indipenden­ti (da Emma Bonino a Sabina Guzzanti), proprio com’era Mario. Grosseto rappresent­a la Maremma in cui noi abbiamo vissuto tanto, il luogo del riposo. E Mario era mezzo toscano, vissuto a Viareggio anche se era nato a Roma. Il premio era il tentativo di far cultura in un territorio non così attrezzato». Come l’ha saputo?

«Dai rumours locali, senza una comunicazi­one ufficiale. Ho telefonato e mi hanno detto: sono finiti i soldi. Hanno privilegia­to le sagre, gli sbandieram­enti, la rievocazio­ne con costumi e cavalli di Ludovico il Bavaro che nel ‘300 assediò Grosseto. Una cultura nazional-popolare che va bene se convive col tentativo disperato di fare qualcosa che allarghi lo sguardo. Premiavano la Street Art, una cultura dell’oggi. Così invece si ritorna a un antico sbagliato, di chiusura, non è il Dna maremmano». A 7 anni dalla morte, Monicelli è stato dimenticat­o?

«Alla Biennale cinema nel 2015 ho fatto una mostra lavorando sulle foto d’archivio e di set, un allestimen­to che è andato a New York, Buenos Aires, Lisbona. Mi sono data da fare. La memoria corta riguarda tutta quella generazion­e, i Mastroiann­i, i Gassman. La commedia ha raccontato l’Italia meglio di tanti autori seri. Oggi viviamo una sottile censura, i registi si rifugiano nell’intimismo, nelle commedie fotocopia che nemmeno incassano. Non tocchi mai le

corde del potere». Aveva paura di morire?

«No. Mi dettò una decina di epitaffi. Per esempio: Di essere stato vivo non gli importa. Muoiono solo gli str…mi diceva. Voleva dire che se sei intelligen­te non muori mai, è una riflession­e da filosofo greco». Si suicidò gettandosi dalla finestra dell’ospedale.

«È morto da guerriero, come un soldato che si fa saltare su una mina. Era stanco di vivere, temeva la mancanza di indipenden­za. Finché mi posso fare un tè e sono in grado di raccoglier­e un fazzoletto da terra, sta bene, non so quante volte ripeteva questa cosa». In molti suoi film la scena chiave è un funerale.

«È vero, Amici miei, I soliti

ignoti, Un borghese piccolo piccolo, I compagni. Parlava di morte in ogni suo film, non per esorcizzar­la. Ma non sapeva girare una scena d’amore». Monicelli cinico, cattivo, perfido. Con lei com’era?

«Non mi ha mai detto ti amo. Mi diceva: se muoio che vuoi che succeda? Piangerai uno, due, tre mesi. Poi ti metterai con un altro. Amava le donne più che gli uomini, ci riteneva superiori. Abbiamo vissuto come un’Armata Brancaleon­e, i set nelle roulotte erano un circo, erano tutti atei, divorziati. Age, Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, Gassman: un branco di sbandati. Io ero ragazzina. Li ho visti morire tutti. Mario mi diceva: guai se farete una Fondazione a mio nome, giusto per guadagnarc­i quattrini, una cosa volgare». Cosa avrebbe detto del premio cancellato?

«Avrebbe riso amaramente. La porchetta spazza via i film».

Sagre Ho telefonato e mi hanno detto: sono finiti i soldi. Hanno preferito privilegia­re le sagre

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Ritratto Il volto di Mario Monicelli in un murales realizzato dall’artista Diavù a Roma
 ??  ?? Insieme Mario Monicelli con Chiara Rapaccini agli inizi della loro relazione: si erano conosciuti quando lei aveva 19 anni durante la lavorazion­e di «Amici miei», uscito nel 1975
Insieme Mario Monicelli con Chiara Rapaccini agli inizi della loro relazione: si erano conosciuti quando lei aveva 19 anni durante la lavorazion­e di «Amici miei», uscito nel 1975

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