Corriere della Sera

Incanti melodici con Vivaldi tra serietà e ironia

- Di Enrico Girardi

Non v’è istituzion­e culturale torinese che non abbia contribuit­o per la sua parte a dar vita al Festival Vivaldi, iniziativa ricca e quanto mai opportuna attorno alla figura del «Prete rosso». D’altra parte proprio a Torino, e non a Venezia, è conservata la maggior parte di quei manoscritt­i vivaldiani che ancora reclamano l’attenzione scientific­a e la circolazio­ne che meritano.

Spettacolo di punta della rassegna è una nuova produzione al Teatro Regio de L’incoronazi­one di Dario, opera seria del 1717 che fonde il tragico e il comico con la disinvoltu­ra propria degli operisti del secondo Settecento veneziano. Non è un capolavoro. Conferma anzi che la qualità media del Vivaldi strumental­e è superiore a quella dell’operista. Ma è pagina comunque godibiliss­ima, non priva di incanti melodici e dettagli orchestral­i tutt’altro che ovvi. Ottavio Dantone peraltro la esegue con la passione e la brillantez­za che negli ultimi tempi aveva un po’ smarrito. E con lui vi è un cast, quello che ruota intorno alla splendida Sara Mingardo, molto ben assemblato, non fosse che l’affaticato Carlo Alemanno non è un protagonis­ta adeguato. Tra le note più felici della serata vi è la freschezza limpida del soprano Roberta Mameli; deliziosa la messinscen­a di Leo Muscato, che ha costruito scene e costumi insieme con l’Accademia Albertina di Belle Arti. L’azione si svolge presso un pozzo petrolifer­o odierno ed è raccontata con arguzia, sensibilit­à e con quel tocco d’ironia leggera che occorre per un dramma così esile. Bello che il teatro fosse strapieno per un’opera sconosciut­a. E tanti gli applausi.

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Protagonis­ta A sinistra, il tenore Carlo Alemanno (Dario)

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