Incanti melodici con Vivaldi tra serietà e ironia
Non v’è istituzione culturale torinese che non abbia contribuito per la sua parte a dar vita al Festival Vivaldi, iniziativa ricca e quanto mai opportuna attorno alla figura del «Prete rosso». D’altra parte proprio a Torino, e non a Venezia, è conservata la maggior parte di quei manoscritti vivaldiani che ancora reclamano l’attenzione scientifica e la circolazione che meritano.
Spettacolo di punta della rassegna è una nuova produzione al Teatro Regio de L’incoronazione di Dario, opera seria del 1717 che fonde il tragico e il comico con la disinvoltura propria degli operisti del secondo Settecento veneziano. Non è un capolavoro. Conferma anzi che la qualità media del Vivaldi strumentale è superiore a quella dell’operista. Ma è pagina comunque godibilissima, non priva di incanti melodici e dettagli orchestrali tutt’altro che ovvi. Ottavio Dantone peraltro la esegue con la passione e la brillantezza che negli ultimi tempi aveva un po’ smarrito. E con lui vi è un cast, quello che ruota intorno alla splendida Sara Mingardo, molto ben assemblato, non fosse che l’affaticato Carlo Alemanno non è un protagonista adeguato. Tra le note più felici della serata vi è la freschezza limpida del soprano Roberta Mameli; deliziosa la messinscena di Leo Muscato, che ha costruito scene e costumi insieme con l’Accademia Albertina di Belle Arti. L’azione si svolge presso un pozzo petrolifero odierno ed è raccontata con arguzia, sensibilità e con quel tocco d’ironia leggera che occorre per un dramma così esile. Bello che il teatro fosse strapieno per un’opera sconosciuta. E tanti gli applausi.