Corriere della Sera

«Io lavoro per fare gol sono davvero felice»

Il Pipita guarda avanti: «Ora pensiamo a chiudere il campionato La finale di Cardiff? Calma, manca ancora la partita di ritorno»

- Carlos Passerini

MONTECARLO È per voi, «para ustedes», urla Gonzalo dopo aver saltato facile facile i cartelloni della pubblicità, con una mano sola e il volo agile, come il tizio della vecchia réclame dell’olio extravergi­ne, alla faccia di chi gli dà del ciccione. La palla è ancora lì che rotola impazzita su se stessa nella rete che dà verso il mare, quella dei nove archi, alle spalle del povero Subasic, coprotagon­ista involontar­io insieme a Higuain della prima delle due scene madri di questa fresca notte in riviera dentro a uno stadio che sembra un teatro, ma di quelli nuovi e un po’ anonimi, delle periferie delle grandi città, eleganti, funzionali, impersonal­i. Indica entrambe le volte la sua gente il figlio del Pipa, l’indice puntato verso i tremila juventini arrivati fin qua ma idealmente verso tutti quelli che urlano su chissà quale divano, come se fosse la prova una promessa mantenuta: sì, avete ragione, nelle partite vere sparisco sempre ma stavolta non va così, questo è para ustedes, questa è per voi.

I cartelloni della pubblicità rotolano, le costose scritte degli investitor­i si danno il cambio, una via l’altra, ma in quel momento esatto passa lo slogan dell’Uefa, «respect», che si traduce facile. Già, c’è molto teatro in tutto questo, come c’è in ogni grande rivincita che si rispetti, appunto. Anche nell’ordalia al Barcellona, il 3-0, Gonzalo era andato e venuto senza lasciare una reale traccia di sé, consegnand­o invece la scena a Dybala. Stavolta guarda e osserva, aspetta il suo momento, prende le misure, si becca pure un paio di calcioni ma si rialza senza dire una parola, con Glik tira aria di derby per conto terzi, quindi sforna il colpo di grazia, la solita sassata che sfila sull’erba senza alzarsi mai, con una potenza devastante. Diverso il secondo, in spaccata, ugualmente pesante, forse di più.

Ieri L’Équipe, con una punta di perfidia, lo aveva ribattezza­to «Gonzlatan» facendo riferiment­o esattament­e a quei fantasmi, a quell’affinità con Ibrahimovi­c, «attaccanti straordina­ri» ma latitanti nei duelli veri di Champions. In effetti fin qui ne aveva messi dentro solo due in 24 partite secche, a eliminazio­ne diretta: una miseria, già. Ma che sarebbe stata una notte diversa si era capito subito,

Allegri Abbiamo fatto gol nel loro modo: in ripartenza Siamo felici, il ritorno è una gara seria, loro non hanno nulla da perdere

fin dal riscaldame­nto: le pacche sulle spalle ai compagni, lo sguardo truce, i «vamos». E i due gol. «Lavoro per fare gol. Sono felice per la doppietta, era importante vincere e anche non subire reti — dirà poi —. Sapevo di dover solo stare tranquillo, e infatti è andata così. Manca il ritorno ma il risultato è preziosiss­imo. Ora vogliamo la finale ma prima pensiamo a chiudere il campionato». Lì accanto, mentre parla, la sua gente canta «Siamo venuti fin qui per vedere segnare Higuain». A volte basta una notte così. Anzi no, ne servono altre due.

Buffon Lavoro per dimostrare che la carta d’identità non pesa Io cerco di farmi trovare pronto: ora rivedrò le mie parate solo dopo le giudicherò

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