Garante in allarme «Un emendamento riduce la privacy»
Il garante Soro: non serve più il consenso, liberalizzazione selvaggia. Ma il governo: consumatori tutelati
L’intento doveva essere quello di tutelare i consumatori, dicono al ministero dello Sviluppo economico. Eppure l’emendamento approvato al Senato nel ddl sulla concorrenza, con voto di fiducia posto dal governo, sembra spalancare la porta alle telefonate commerciali moleste. Questo, almeno, è il pensiero del garante della Privacy, Antonello Soro, che esprime «sconcerto e preoccupazione».
La norma, dice il garante, «elimina il requisito del consenso preventivo, liberalizzando il fenomeno del telemarketing selvaggio» e va in direzione «diametralmente opposta a quella discussa in commissione al Senato».
Non è così, dicono al ministero guidato da Carlo Calenda. L’emendamento, è scritto in una nota, è «finalizzato a fornire un ulteriore strumento di difesa dei consumatori», garantendo a tutti,iscritti o no al Registro delle opposizioni, «di respingere chiamate non desiderate».
Ma cosa prevede l’emendamento? Che gli operatori dei call center possano chiamare gli utenti, presentandosi e dichiarando apertamente lo scopo commerciale della telefonata. A quel punto il consumatore ha la possibilità di rifiutare l’offerta.
«Il governo ha legalizzato lo stato di fatto già esistente — è l’interpretazione del presidente dell’Aduc, Vincenzo Donvito —. Il Garante e noi associazioni dei consumatori chiedevamo invece di continuare sulla linea del Registro delle opposizioni e del consenso preventivo, ampliandolo ai telefonini, mentre adesso vale solo per i telefoni fissi».
Vero è che già oggi si viene disturbati più volte al giorno; il Registro delle opposizioni, al quale chiunque può iscriversi collegandosi al sito internet, non funziona come dovrebbe, e i procedimenti disciplinari del Garante si eseguono solo su denuncia dei consumatori.
Buone notizie, invece, per i lavoratori dei call center. È stato firmato ieri, alla presenza del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, un accordo fra 13 grandi aziende, Eni, Enel, Sky, Intesa Sanpaolo, Tim, Fastweb, Poste italiane, Trenitalia, Ntv, Wind Tre, Unicredit, Vodafone e Mediaset, che punta a fare restare in Italia almeno l’80 per cento degli operatori telefonici, mettendo un limite alla delocalizzazione. Se sarà rispettato, si porrà un freno al dilagare delle telefonate commerciali che arrivano dall’Albania, soprattutto, ma anche da altri Paesi europei ed extraeuropei.