Chi brilla e chi cade Il duello a suon di voti delle nuove «stelle» dem nei gazebo del Sud
«Totò, mo’ non ci pensare. Ormai è andata così...». Raccontano in Sicilia che, nell’apprendere del sorpasso definitivo di Orlando su Renzi nella sua Caltanissetta, il vecchio democristiano Totò Cardinale — cinque volte deputato, nonché indimenticato ministro delle Comunicazioni di entrambi i governi D’Alema — abbia quasi rischiato lo svenimento. Aveva schierato la figlia Daniela, oggi deputata pd ascritta alla sottocorrente di Luca Lotti, capolista dello schieramento renziano. E invece nell’area nissena — dalla centrifuga di conteggi e riconteggi, voti contestati e annullati, gazebi aperti e poi chiusi, urla e strepiti — è venuto fuori un successo per le liste di Orlando. «Ma tanto è di poco. Non ci pensare, Totò», hanno provato a rincuorarlo. Ma tra il 40,1% dei vincitori e il 39,5% dello sconfitto può passare la scia di una stella che, invece che continuare a brillare, cade.
Perché l’ultimo congresso del Pd è stato anche questo. In Campania e Calabria, Sicilia e Campania, Puglia e Basilicata. La storia di stelle che brillano o cadono a seconda delle preferenze prese alle primarie. Battesimi e funerali che un tempo si celebravano con le tessere, adesso si celebrano nei gazebo. Regalando ai renziani, ma in generale a tutto il Pd, una nuova cartina geografica del potere.
Il potere in Campania
La geografia del potere del centrosinistra campano, da domenica scorsa, ha una nuova star. È Umberto Del Basso de Caro, ex avvocato di Bettino Craxi, sottosegretario del governo Renzi, che tempo fa ha mollato i bersaniani per accasarsi nella mozione di Maurizio Martina. Le performance della lista di Renzi nella sua Benevento (quasi l’81% su 16 mila e passa votanti) lo porteranno nel tavolo principale delle liste per il Parlamento. Insieme al tridente che ha sbancato la provincia di Caserta (composto da Pina Picierno, Stefano Graziano e dal sindaco di Caserta Carlo Marino). E, ovviamente, ai due futuri litiganti che già si contendono lo scettro del «rais». Da un lato Piero De Luca, figlio del governatore
In Campania crescono Umberto Del Basso de Caro e il figlio di De Luca, Piero In Puglia Decaro e in Sicilia Faraone
Enzo, che a Salerno ha portato a casa l’88,8%; dall’altro Mario Casillo, capogruppo del Pd in regione Campania, che ha portato in dote al neo-segretario una consistente fetta dei voti presi a Napoli. Il tutto mentre, in provincia, il caos di Ercolano potrebbe arrestare il cursus honorum di Ciro Buonajuto, sindaco vicino a Maria Elena Boschi. Una sorte uguale e contraria a quella di un altro primo cittadino da sempre ascritto tra i «boschiani» ortodossi. Il barese Antonio Decaro che, nel capoluogo pugliese, riesce nell’impresa di tenere la mozione di Michele Emiliano al di sotto del 50%.
I governatori autonomi
«Se passasse la riforma elettorale alla tedesca, a livello locale molti governatori saranno presi dalla tentazione di farsi le proprie liste autonome», hanno spiegato negli ultimi giorni a Renzi. E dev’essere stata questa, forse, la «pensata» del governatore lucano Marcello Pittella, fratello dell’eurodeputato Gianni, che ha usato le liste renziane in Basilicata come banco di prova per il disegno degli equilibri che verranno. Se ai fratelli Pittella è andata bene in Lucania, ai coniugi «Adamo ed Enza» (Nicola Adamo, storico esponente del PciPds-Ds-Pd calabrese e la moglie deputata Enza Bruno Bossio, che al penultimo congresso si erano divisi tra Bersani e Franceschini ma all’ultimo hanno scelto insieme Renzi) è andata bene ma non benissimo in provincia di Cosenza, che è anche la terra del governatore Oliverio. A Reggio Calabria, le liste dei pari grado renziani, guidati dal giovane sindaco Falcomatà, hanno fatto meglio di loro.
Caos in Sicilia
In Sicilia, invece, è il caos. Il 70% di Renzi a Palermo città premia il tandem formato da Davide Faraone e dall’assessore regionale Antonello Cracolici. Qualche soddisfazione se la sono tolta anche Emiliano, sostenuto da Giuseppe Lumia, e Orlando, che a Enna ha avuto quel 40% rimasto a Mirello Crisafulli, più volte bersaglio di Renzi. L’antipasto delle sfide che contano, anche per il prossimo Parlamento, è servito.