«Da Frontex solo fango Tra noi e i trafficanti mai nessun rapporto»
ROMA Hanno letto il dossier segreto di Frontex e adesso le 7 Ong internazionali, chiamate in causa con le loro 8 navi private, reagiscono con indignazione: «I conti non tornano — dice Marco Bertotto, di Medici senza Frontiere —, Frontex ha fatto solo un’analisi campione su 10 giorni del 2017, la realtà è ben diversa». «La nostra coscienza è pulita al 300 per cento — gli fa eco Riccardo Gatti di Proactiva Open Arms —. Ci stiamo consultando con gli avvocati. Sull’operazione della nostra nave Golfo Azzurro, di cui parla il dossier, abbiamo video e documenti da mostrare. È intollerabile trovarci a rispondere ancora, dopo due mesi, a delle dicerie».
L’ipotesi di chi accusa è che, nel 90 per cento dei casi in questo inizio di 2017, siano state le Ong ad andarsi a cercare i migranti vicino alle acque territoriali libiche, addirittura prima che fosse partita una richiesta d’aiuto. Sui telefoni satellitari in mano agli scafisti, inoltre, sarebbero stati trovati i numeri diretti delle navi delle Ong. Bertotto, di Msf, respinge tutto al mittente: «In nessun caso di salvataggio le due navi Prudence e Aquarius (gestita insieme a Sos Mediterranee, ndr) hanno ricevuto chiamate dirette dalle imbarcazioni in difficoltà né tantomeno dai trafficanti basati in Libia».
Quelli di Moas (Migrant Offshore Aid Station), con le loro due navi che battono bandiera del Belize e dell’isola Marshall, finiti pure sotto la lente del procuratore di Catania Carmetro lo Zuccaro, ieri mattina si sono difesi direttamente in Senato, davanti alla Commissione Difesa e al Comitato Schengen: «I nostri interventi in mare non sono mai autonomi e indipendenti, noi ci muoviamo solo dopo la chiamata del cen-
operativo di Roma». E «odiosa e inesistente» viene definita da tutti l’ipotesi di coordinazione coi trafficanti libici. Nessun business, nessun intreccio perverso sulla pelle dei migranti. A questo proposito Sea-Watch e Jugend Rettet, le due Ong tirate in ballo come pure Lifeboat Project e Sos Mediterranee, hanno già scritto a Fabrice Leggeri, il capo di Frontex, l’Agenzia Ue della guardia costiera e di frontiera, chiedendogli un incontro a Berlino il 12 maggio per chiarire.
Intanto, questa mattina alle sette, al porto di Catania sbarcherà la nave Prudence di Medici senza Frontiere: ma scenderanno solo i cadaveri di 5 giovani donne e un uomo, raccolti in mare al largo della Libia. «Torniamo con una nave vuota, invece di soccorrere dei vivi abbiamo recuperato sei salme — racconta amaro Michele Trainiti, coordinatore delle operazioni per Msf —. Forse dovremmo spegnere per un attimo tutte le polemiche sulle Ong e osservare un minuto di silenzio per questi morti senza nome, che rappresentano la conseguenza diretta delle ipocrite politiche europee
sulla migrazione».
«Quelli di Frontex sono numeri irrealistici — chiosa Marco Bertotto —. Quest’anno su più di 60 operazioni, con 6.355 persone soccorse, solo 25 sono avvenute in seguito ad avvistamento diretto, cioè con i nostri binocoli o col radar di bordo. Anche in questo caso, comunque, prima di iniziare il
salvataggio è stato sempre avvisato il centro di coordinamento della Guardia Costiera di Roma. Mai le imbarcazioni di Msf hanno spento i transponder...». E mentre, prevedibilmente, anche nei prossimi giorni si continuerà a litigare, già 1.090 persone, secondo Msf, in questo 2017 hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Nel 2016, l’anno dei record, i morti furono oltre 5 mila.
L’accusa di Msf «Basta polemiche, ci sono i morti. Che sono colpa dell’ipocrisia delle politiche europee»