I 14 mesi in cella per un video che era una burla
Istruttivo elenco di prove proposte dalla Procura di Catania per ottenere dal gip 14 mesi di custodia cautelare per «terrorismo internazionale» e chiedere la condanna a 4 anni del 21enne siriano Morad El Ghazzaoui, sbarcato a Pozzallo con 534 migranti il 4 dicembre 2015. Video «considerato molto sospetto dall’accusa» perché un arabo vi proclama il martirio impugnando fucile e spade: «Ma la visione in aula», scrive ora il giudice Giancarlo Cascino nel motivare l’assoluzione del 27 febbraio, già «palesava trattarsi di parodia con l’utilizzo di un fucile giocattolo, di una barba finta e ondeggiamento di bassa schiena finale». Poi sorta di salvacondotto (nel telefonino) spendibile presso i complici dell’Isis in Europa: per quanto intanto assurto al rango di «passaporto dell’Isis» in un libro del Procuratore Nazionale Antiterrorismo, era solo uno scherzo online «già pubblicato nel 2014 in due siti Internet, verosimilmente riferito a un musicista siriano dimorante in Svezia». Poi immagine di «viaggio della morte per rimanere vivo» dalla Siria in Europa: una «vignetta» senza «valenza minimamente indiziante». Poi rapporti con l’asserito terrorista leader del battaglione «Martiri di Darah»: invero un ribelle antiAssad che in città ne proteggeva la famiglia. Poi «rapporti su Facebook tra l’imputato e tale Abu Ghassan, terrorista Isis» che «postò una sua foto»: rapporti però «investigativamente immaginati», li liquida il giudice perché «non è fornita alcuna prova (pur facilmente attestabile dagli investigatori) che l’imputato risultasse tra gli amici Facebook del sospetto terrorista», e la foto è «evidente suggestione degli operanti» in quanto «già il mero raffronto con qualsiasi foto dell’imputato» rende «di solare evidenza» che non è lui. E le «ammissioni» di far parte di gruppi armati? «Dichiarazioni contenute nella nota della Digos di Ragusa del 2015 come riferite agli operanti dall’imputato» (peraltro senza interprete ufficiale come rimarca il sopravvenuto difensore Luca Ruaro), «ma da lui non sottoscritte, né altrove confermate e neppure mai verbalizzate». Assolto, il giovane oggi ha raggiunto madre e padre in Germania. Che a tutti e tre ha riconosciuto asilo politico.