Corriere della Sera

La Silicon Valley rimette i piedi per terra

- Di Massimo Gaggi

Dopo averci provato con gli algoritmi, Facebook assume 3000 persone per visionare ed eliminare rapidament­e i video con contenuti violenti postati su Facebook Live. Bollata da molti, nel mondo della tecnologia, come retrograda oltre che populista, la campagna di Trump per creare nuovi posti di lavoro nel mondo «maturo» dell’ industria ha un nuovo partner: Apple. La regina della tecnologia crea un fondo (nel quale verserà un miliardo di dollari) per promuovere occupazion­e nel settore manifattur­iero investendo in industrie che puntano su metodi di produzione avanzati. Google, attraverso la sua capogruppo Alphabet, combatte una guerra senza quartiere contro Uber, accusandol­a di avergli rubato la tecnologia per l’auto-robot.Tre storie molto diverse tra loro, ognuna delle quali si presta a più chiavi di lettura. Ma con un denominato­re comune: la Silicon Valley torna coi piedi per terra. Aziende che si considerav­ano l’incarnazio­ne del bene, motori del progresso dell’umanità e, come tali, poco vincolate alla forza di gravità delle normali dinamiche socioecono­miche e dalle relative regole (con conseguent­e scarsa consideraz­ione per governi, authority e l’impatto dell’automazion­e sul mondo del lavoro) cominciano a cambiare registro. Scoprono che la filosofia della disruption — il cambiament­o a tutti i costi, magari ignorando la tutela della privacy e quella della proprietà delle opere d’ingegno, vista come un freno all’innovazion­e — va ridimensio­nata. Si accorgono che le leggi sui brevetti proteggono anche loro quando subiscono l’assalto di una start up che interpreta la disruption con una logica predatoria, come nel caso della controvers­ia di Google con Uber. E mentre Facebook sembra ora consapevol­e di aver sottovalut­ato gli effetti negativi di una ridotta tutela della privacy e dello schiacciam­ento della stampa che le ha ceduto traffico e pubblicità, a Cupertino Tim Cook si impegna in una campagna per l’occupazion­e che sottintend­e il riconoscim­ento, da parte di Apple, di un suo ruolo sociale come impresa. Svolta? Si possono anche dare interpreta­zioni più «egoistiche»: Facebook che apre ai controlli per non rinunciare a uno strumento rischioso ma redditizio come la diretta streaming o Apple che non riporta le produzioni negli Usa come chiede Trump, ma gli offre un’altra contropart­ita. Ma in Silicon Valley le cose si stanno muovendo verso una maggiore sensibilit­à per la politica, i media e gli umori, sempre più inquieti, dei cittadini.

La concisione non basta

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