Corriere della Sera

Vent’anni dopo

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uce Caponegro vorrebbe parlare soltanto di suo figlio Gabriele, un batuffolo biondo di dieci anni che la riempie di baci, e che le dice non ho bisogno di nessun altro, perché il padre non c’è. Ma ci sono otto anni spericolat­i che non è possibile evitare nella vita di Luce, il cui nome d’arte era Selen, che vuol dire Luna, l’altra faccia della medaglia. E’ stata la regina dell’hard fino al 1999, l’erede di Ilona Staller e Moana Pozzi. «La mia era una bellezza naturale, oggi a 30 anni si sono rifatte di tutto». Quel periodo non lo rimpiange e non lo rinnega, «oggi sono la donna che sono perché ho avuto quel passato», ma ne è stata segnata. «Da giovane ero un cavallo pazzo, vivevo con irruenza le mie passioni senza considerar­e le conseguenz­e delle mie azioni e delle mie scelte. Oggi sono più riflessiva, anche se quando mi innamoro perdo lucidità». A Ravenna, la sua città, ha aperto un centro di estetica e di benessere che porta il suo nome, Luce, e ogni giorno se ne sta lì otto ore col suo camice bianco per portare a casa uno stipendio dignitoso: «La vivo come una missione». Ha un altro figlio, Kangi: «Nella lingua dei pellerossa Dakota significa corvo, un animale sacro che sopravvive alle catastrofi. Ha 29 anni e mi sta per rendere nonna». I genitori di Luce, borghesi benestanti, vivono a pochi metri da lei, e l’aiutano, ora che le cicatrici non sono più fresche. «Ci abbiamo messo una vita a rimediare».

Sono passati quasi vent’anni da quando ha smesso con il porno, ma una scelta così estrema lascia segni profondi. «Ai figli bisogna dare valori e ali. Io da loro ho avuto solo valori. Cercando di proteggerm­i mi hanno soffocata. Ero la classica brava ragazza che faceva danza e andava a cavallo. A mio padre gridavo “sporco capitalist­a”. Mi sono messa di traverso quando mi innamorai a 15 anni di una persona che ha deviato un’esistenza che sembrava già scritta. Appena maggiorenn­e lasciai tutto ciò che avevo, compresi i vestiti. Sono andata in giro per il mondo, India, Pakistan, autostop e sacchi a pelo. Quella storia durò 17 anni, diventò il mio agente nel porno. La molla fu la curiosità nei confronti della sessualità. C’era una componente di esibizioni­smo». Si può essere esibizioni­sti senza fare sesso con sconosciut­i davanti a una telecamera. «Sì hai ragione, ma ho vissuto di estremi. Pensare che oggi è il contrario, il lasciarmi andare è un fatto eccezional­e. Li ho conservati quei film, non li guardo mai. Non l’ho fatto per soldi ma come esperienza di vita». Una vita che racconta nel libro «Da bambina sognavo di volare» di prossima uscita per Cairo Editore.

Gabriele l’ha saputo nella maniera più sconvenien­te: dagli amichetti di scuola che avevano visto quei vecchi film su Internet. E’ stato lui ad affrontarl­a, con delicatezz­a e sorprenden­te maturità: «Mamma, hai mai commesso errori?». Tutti ne facciamo, rispose lei. «Me ne puoi dire uno?». Una volta fumavo. «Me ne puoi dire un altro?». Le carte erano calate. «Tu facevi la pornostar». Non era un’altra domanda: era un’affermazio­ne . Sì ero stata una pornostar, sei ferito?, gli chiese Luce. «Ci sono rimasto male poi ho pensato che da giovani si fanno errori, tu sei meraviglio­sa e ti voglio bene così come sei». Lo abbracciò forte. Rimasero i pregiudizi della provincia,

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