Gli smartwatch ci riprovano Il lusso punta sui grandi numeri
In un mercato che stenta a decollare arrivano gli investimenti delle griffe
uardi nei negozi e vedi per lo più orologi tradizionali, osservi i polsi sui mezzi e vedi orologi manuali, forse qualche Apple Watch. Scorri i comunicati delle aziende e leggi invece di una produzione in massa di nuovi «smartwatch e activity tracker». Un divario che non passa inosservato. Se la diffusione degli orologi da polso in Italia si conferma intorno al miliardo e mezzo di euro di valore con quasi 7 milioni di pezzi venduti nel 2016 (dati Assorologi), il mercato degli smartwatch stenta ad affascinare il grande pubblico. Se la diffusione è ancora incerta, i produttori anche tradizionali lavorano a nuovi modelli. Segno di uno switch imminente tra orologi analogici e digitali? Non proprio.
Dall’inizio di quest’anno hanno annunciato nuovi smartwatch case di orologeria come Tag Heuer, con il Connected Modular 45; poi Frederique Constant con tre nuovi modelli da donna di Horological Smartwatch e Montblanc con il Summit. Ci sono poi anche le mosse di leader del settore come Swatch, o Casio che cavalca il trend con Edifice EQB-501. Sembrano orologi normali ma nascondono tanta tecnologia: hanno connettività integrata, registrano dati vitali, ricevono notifiche per telefonate, messaggi e mail; sono prodotti trendy, di design e sono diventati dispositivi a cui in molti non sanno dire no. Forse anche per questo attirano l’interesse dei brand di moda, che non stanno a guardare: Hugo Boss ha lanciato Touch, Tommy Hilfiger TH24/7You e il gruppo Fossil, forte di 14 differenti brand tra cui anche Emporio Armani, Michael Kors (Sofie da donna e Grayson da uomo), Diesel (il modello On), Kate Spade New York, DKNY, ha promesso 300 nuovi modelli entro la fine dell’anno. A fronte di questi lanci, il 2017 parrebbe essere quindi l’anno della conferma di questi dispositivi, il cui prezzo oscilla dai 200 euro per un modello ibrido a qualche migliaia di euro per i marchi di lusso.
Malgrado le uscite imminenti, e i dati di alcune società di analisi parlino di una tendenza che nell’anno in corso potrebbe invertire la rotta - secondo il rapporto Canalys, le stime vedono una crescita del 18% di smartwatch acquistati a fine 2017 sugli ultimi 12 mesi ancora considerati «di rodaggio -, chi possiede uno di questi dispositivi sembra avere ancora le idee confuse. Secondo un’indagine Gfk/2016, si acquista uno smartwatch perché I produttori, nonostante i numeri del passato, lavorano a nuovi modelli di moda, perché incuriositi dalle sue funzioni, ma prevalentemente per necessità «sportive» quali monitorare allenamenti e stato di forma. «I numeri dicono che è un mercato che c’è ed esiste», precisa il presidente di Assorologi, Mario Peserico. «Ma l’orologio connesso resta un accessorio del telefono e non può sostituirlo perché è miniaturizzato ed è scomodo».
Lo smartwatch insomma non sembra ancora in grado di rimpiazzare l’orologio per una serie di tematiche da risolvere. La tendenza è uniformare i nuovi prodotti all’estetica tradizionale con quadranti ampi, placcature, cinturini in pelle, casse sempre più sottili. Proprio quest’ultima, la dimensione (insieme alla durata della batteria), si configura come un requisito fondamentale. Va in questa direzione lo sviluppo del più piccolo chip Bluetooth studiato da Swatch che si affaccia al nuovo mercato con l’annuncio della miniaturizzazione dei componenti elettronici oltre allo sviluppo di un sistema operativo nuovo totalmente a paternità svizzera, indipendente e che mira a fare da contraltare al predominio del software Android e ad aggirare l’obsolescenza veloce dei prodotti dell’elettronica di consumo. Per sua natura, infatti, il prodotto «invecchia» in pochi anni ed è poi da cambiare con l’aggiornarsi della tecnologia. Manca quindi il fascino della tradizione, di quell’oggetto che si tramanda e non passa di moda come gli orologi manuali, i cui ingranaggi ancora funzionano dopo anni chiusi in un cassetto. A incidere sul mercato, poi c’è un fattore sociale da non sottovalutare: lo smartwatch richiede di avere sempre il cellulare a disposizione, altrimenti non funziona. Un’arma a doppio taglio che porta ad essere sempre «online» trasformando in schiavitù ciò che non tutti desiderano: intaccare le ore di riposo, per esempio, con la funzione di monitoraggio del sonno e quella di respirazione guidata per rilassarsi. L’orologio che vibra e si illumina per le notifiche, magari di lavoro, in orari serali o nel weekend genera stress: non a caso in Europa, aziende e stati — leggi Francia — stanno iniziando a normare il «diritto alla disconnessione». Va aggiunto infine che molti comprano gli smartwatch come status symbol, ma ancora non hanno un’idea chiara sul loro reale utilizzo. Ragione per cui la diffusione è ancora lontana dal diventare «di massa».