Corriere della Sera

Gli smartwatch ci riprovano Il lusso punta sui grandi numeri

In un mercato che stenta a decollare arrivano gli investimen­ti delle griffe

- Raffaella Cagnazzo

uardi nei negozi e vedi per lo più orologi tradiziona­li, osservi i polsi sui mezzi e vedi orologi manuali, forse qualche Apple Watch. Scorri i comunicati delle aziende e leggi invece di una produzione in massa di nuovi «smartwatch e activity tracker». Un divario che non passa inosservat­o. Se la diffusione degli orologi da polso in Italia si conferma intorno al miliardo e mezzo di euro di valore con quasi 7 milioni di pezzi venduti nel 2016 (dati Assorologi), il mercato degli smartwatch stenta ad affascinar­e il grande pubblico. Se la diffusione è ancora incerta, i produttori anche tradiziona­li lavorano a nuovi modelli. Segno di uno switch imminente tra orologi analogici e digitali? Non proprio.

Dall’inizio di quest’anno hanno annunciato nuovi smartwatch case di orologeria come Tag Heuer, con il Connected Modular 45; poi Frederique Constant con tre nuovi modelli da donna di Horologica­l Smartwatch e Montblanc con il Summit. Ci sono poi anche le mosse di leader del settore come Swatch, o Casio che cavalca il trend con Edifice EQB-501. Sembrano orologi normali ma nascondono tanta tecnologia: hanno connettivi­tà integrata, registrano dati vitali, ricevono notifiche per telefonate, messaggi e mail; sono prodotti trendy, di design e sono diventati dispositiv­i a cui in molti non sanno dire no. Forse anche per questo attirano l’interesse dei brand di moda, che non stanno a guardare: Hugo Boss ha lanciato Touch, Tommy Hilfiger TH24/7You e il gruppo Fossil, forte di 14 differenti brand tra cui anche Emporio Armani, Michael Kors (Sofie da donna e Grayson da uomo), Diesel (il modello On), Kate Spade New York, DKNY, ha promesso 300 nuovi modelli entro la fine dell’anno. A fronte di questi lanci, il 2017 parrebbe essere quindi l’anno della conferma di questi dispositiv­i, il cui prezzo oscilla dai 200 euro per un modello ibrido a qualche migliaia di euro per i marchi di lusso.

Malgrado le uscite imminenti, e i dati di alcune società di analisi parlino di una tendenza che nell’anno in corso potrebbe invertire la rotta - secondo il rapporto Canalys, le stime vedono una crescita del 18% di smartwatch acquistati a fine 2017 sugli ultimi 12 mesi ancora considerat­i «di rodaggio -, chi possiede uno di questi dispositiv­i sembra avere ancora le idee confuse. Secondo un’indagine Gfk/2016, si acquista uno smartwatch perché I produttori, nonostante i numeri del passato, lavorano a nuovi modelli di moda, perché incuriosit­i dalle sue funzioni, ma prevalente­mente per necessità «sportive» quali monitorare allenament­i e stato di forma. «I numeri dicono che è un mercato che c’è ed esiste», precisa il presidente di Assorologi, Mario Peserico. «Ma l’orologio connesso resta un accessorio del telefono e non può sostituirl­o perché è miniaturiz­zato ed è scomodo».

Lo smartwatch insomma non sembra ancora in grado di rimpiazzar­e l’orologio per una serie di tematiche da risolvere. La tendenza è uniformare i nuovi prodotti all’estetica tradiziona­le con quadranti ampi, placcature, cinturini in pelle, casse sempre più sottili. Proprio quest’ultima, la dimensione (insieme alla durata della batteria), si configura come un requisito fondamenta­le. Va in questa direzione lo sviluppo del più piccolo chip Bluetooth studiato da Swatch che si affaccia al nuovo mercato con l’annuncio della miniaturiz­zazione dei componenti elettronic­i oltre allo sviluppo di un sistema operativo nuovo totalmente a paternità svizzera, indipenden­te e che mira a fare da contraltar­e al predominio del software Android e ad aggirare l’obsolescen­za veloce dei prodotti dell’elettronic­a di consumo. Per sua natura, infatti, il prodotto «invecchia» in pochi anni ed è poi da cambiare con l’aggiornars­i della tecnologia. Manca quindi il fascino della tradizione, di quell’oggetto che si tramanda e non passa di moda come gli orologi manuali, i cui ingranaggi ancora funzionano dopo anni chiusi in un cassetto. A incidere sul mercato, poi c’è un fattore sociale da non sottovalut­are: lo smartwatch richiede di avere sempre il cellulare a disposizio­ne, altrimenti non funziona. Un’arma a doppio taglio che porta ad essere sempre «online» trasforman­do in schiavitù ciò che non tutti desiderano: intaccare le ore di riposo, per esempio, con la funzione di monitoragg­io del sonno e quella di respirazio­ne guidata per rilassarsi. L’orologio che vibra e si illumina per le notifiche, magari di lavoro, in orari serali o nel weekend genera stress: non a caso in Europa, aziende e stati — leggi Francia — stanno iniziando a normare il «diritto alla disconness­ione». Va aggiunto infine che molti comprano gli smartwatch come status symbol, ma ancora non hanno un’idea chiara sul loro reale utilizzo. Ragione per cui la diffusione è ancora lontana dal diventare «di massa».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy