«L’agricoltura made in Italy? Il 10% diventi digitale»
Tappa di «Corriere Innovazione» a Napoli. Il ministro Martina: per essere più competitivi
Viviamo una contraddizione evidente: siamo la patria della pizza e del buon caffè, eppure la maggiore azienda che cucina margherite, romane e capricciose è texana, e si chiama Pizza Hut, mentre la più conosciuta catena che serve colazioni è stata fondata nel 1971 a Seattle, ed è ovviamente Starbucks. Il made in Italy ha perso tempo, e quindi i treni giusti. Eppure, grazie al digitale, qualcosa sembra si stia muovendo.
A Benevento, ad esempio, un 58enne — non il classico startupparo, quindi — ha da poco messo sul mercato un’idea semplice ma efficace: una scatola contenente gli ingredienti giusti, dosati al grammo, per creare i primi della tradizione regionale italica. Lui si chiama Antonio Ranaldo e la sua startup — Chefdovunque — parte da un assunto chiaro: la cucina è chimica applicata, rispettate le regole e diverrete cuochi italiani, anche in Australia o in Cina.
L’idea è piaciuta al team di Amedeo Giurazza, ceo del private equity Vertis, che ha appena lanciato due fondi d’investimento per il trasferimento tecnologico e il finanziamento di startup già avviate (il cosiddetto scale-up) con una dotazione complessiva di 60 milioni di euro. «Non è semplice scommettere sul Sud, ma noi ci crediamo, abbiamo le potenzialità, soprattutto nell’agrifood» ha spiegato il manager.
Giurazza ieri era sul palco del Teatro Niccolini di Napoli in occasione del secondo evento nazionale organizzato da Corriere Innovazione in collaborazione con Toyota, Accenture, Cap e Sorgenia. Si parlava di cibo. Anzi, del futuro della nutrizione. Un futuro, come ha detto nel suo videomessaggio in diretta Skype il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, legato a doppio filo alla digitalizzazione dell’economia: «Le logiche operative dell’Industria 4.0 — ha spiegato — devono entrare nel settore primario, per accrescere qualità e produttività».
Dalla start up di Benevento che prepara i kit per i primi ai Gps per la semina
Spingere, insomma, sull’acceleratore della trasformazione in senso digitale di stalle, campi, fattorie e mezzi agricoli, fissando l’obiettivo in una percentuale: «Arrivare in pochi anni al 10% della superficie coltivata con esperienze legate all’agricoltura di precisione». Magari puntando proprio sul Meridione. Qualcuno l’ha già fatto: si pensi ad esempio all’iOs Developer Academy di Apple, nata proprio a Napoli lo scorso anno: «I nostri primi cento giovani talenti — ha raccontato il direttore scientifico, Giorgio Ventre — stanno per rilasciare le loro app, molte delle quali proprio nel settore del food tech».
Innovativi, ma con uno sguardo alla tradizione.
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