Corriere della Sera

Il rebus coalizioni: l’Assemblea sarà l’altra grande prova

- Di Massimo Nava

Marine Le Pen ed Emmanuel Macron, i due sfidanti nella corsa all’Eliseo

Nelle ultime ore, prima che scattasse il silenzio elettorale, la Francia che non vuole precipitar­e nel buio del populismo xenofobo e antieurope­o ha fatto sentire la sua voce. Un tambureggi­ante appello al voto utile per Emmanuel Macron da parte della società civile, dei media, di intellettu­ali e artisti, di associazio­ni culturali e religiose.

Un sussulto provocato dalla consapevol­ezza di una sfida storica per il Paese e per l’Europa e dalle docce fredde delle vittorie di Trump e Brexit, mentre i sondaggi davano per certo il risultato opposto.

Dopo avere subito, quasi senza reagire, la normalità di una presenza del Front National radicata ormai da anni nel territorio e assecondat­o, o favorito, lo sgretolame­nto dei partiti tradiziona­li, la Francia che ancora crede nell’Europa sembra temere il peggio, nonostante che Macron sia accreditat­o al 63 per cento e la Le Pen abbia perduto terreno nel confronto televisivo.

Dunque, si «tocca legno» come dicono i francesi, ma non è solo scaramanzi­a. Chi aveva previsto la vittoria di Trump, fa i conti sul livello di astensione che potrebbe avvantaggi­are Marine. Ci si interroga su quanti, fra i «Republicai­ns», sceglieran­no il Front o la scheda bianca e quanti nell’estrema sinistra seguiranno la libertà di voto suggerita da Mélenchon, peraltro in sintonia con il programma antieurope­o e anti-establishm­ent della Le Pen. C’è indecision­e in ambienti cattolici e nella comunità ebraica, al di là delle posizioni ufficiali.

A complicare le cose, il lungo ponte dell’8 maggio (anniversar­io della vittoria nella seconda guerra mondiale), l’atteggiame­nto

di coloro che non ritengono necessario andare alle urne, nella convinzion­e che il risultato sia ormai acquisito, e infine i veleni circolati in seguito al pirataggio delle mail di En Marche.

Se la vittoria di Macron è comunque molto probabile, il clima della vigilia racconta quanto sia importante anche la dimensione del successo. Una vittoria sul filo dei decimali sarebbe la conferma di un Paese profondame­nte lacerato, dei due volti contrappos­ti della società francese, di quanto sia in salita la strada che attende il nuovo presidente.

Marine Le Pen è il miglior avversario possibile se coalizza contro di lei un ampio fronte, ma resta una pesante ipoteca sulla Francia in caso di sconfitta onorevole. E Emmanuel Macron rischia di essere un presidente per default piuttosto che un presidente per adesione.

Ecco perché le elezioni legislativ­e di giugno assumono per la prima volta nella Quinta Repubblica un’importanza persino superiore al risultato dell’Eliseo. Emmanuel Macron si propone di riformare in profondità la macchina dello Stato, il mercato del lavoro, il sistema pensionist­ico, la scuola e di rilanciare la competitiv­ità perduta di un Paese afflitto da crescita molle e spesa pubblica a livelli insostenib­ili. Come i suoi predecesso­ri di destra e di sinistra, si scontrerà con le immense resistenze delle corporazio­ni e con il mito offuscato dello Stato protettore cui restano aggrappati gli elettori della Le Pen e di Mélenchon.

L’impresa sarà ancora più ardua senza una solida maggioranz­a.

In passato, la vittoria del presidente ha avuto un effetto trainante sulla nuova Assemblea, ma questa volta non è detto che gli elettori di partiti sconfitti decidano di dare un assegno in bianco a Macron. Al contrario, è fortissima la voglia di continuare ad esistere per il partito socialista e di continuare a contare nel Paese per i «Republicai­ns», i grandi favoriti umiliati. Inoltre, è probabile che per la prima volta, il Front National entri in Assemblea con una consistent­e pattuglia.

Anche il rinnovo parlamenta­re prevede il doppio turno. Basta conquistar­e il 12,5 per cento degli aventi diritto per qualificar­si. Si assisterà a un rompicapo di sfide triangolar­i e quadrangol­ari, il cui esito potrebbe essere una composizio­ne totalmente inedita degli schieramen­ti, in linea con la stagione che ha messo fine al bipolarism­o.

Potrebbe essere l’anticamera di grandi coalizioni per la stabilità, ma anche di un’ingovernab­ilità fatta di rancori e voglie di rivincite.

mnava@corriere.it

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