Islam & polizze: così è partito e finito l’assalto digitale
Le email rubate, la sponda della destra Usa, le tracce che portano al Fronte: cosa c’è dietro l’attacco hacker
In una delle email rubate dagli hacker di #MacronLeaks ci sarebbe, secondo il sito neonazista «Diversity Macht Frei» che la rilancia, niente meno che «Il piano segreto per l’islamizzazione della Francia e dell’Europa». Anche se il file allegato contiene solo la proposta, peraltro poi non recepita nel programma di Macron, di un manuale di storia comune ai Paesi dell’Europa del Sud e del Nordafrica per valorizzare «le convergenze tra le due rive del Mediterraneo».
L’idea è presente nel rapporto «Un Islam di Francia è possibile» redatto dallo studioso Harim El Karoui per l’Institut Montaigne, e si trova alla pagina 168 di un file che da mesi è consultabile liberamente sul sito dell’Istituto, senza bisogno di essere hacker russi. I collaboratori di Macron hanno creato un dossier preparatorio usando anche quella fonte, e l’unica informazione finora ignota al pubblico rivelata dall’email di #MacronLeaks è la preghiera di stampare il documento «perché lui possa portarlo con sé in vacanza».
Poco sconvolgente, ma tutto può servire a screditare il favorito alle presidenziali. La diffusione venerdì notte di nove gigabyte compressi di email e documenti interni del movimento «En Marche» sembra la mossa disperata del Front National, aiutato dai suoi alleati negli Stati Uniti e in Russia, per destabilizzare un cammino di Macron verso l’Eliseo che sembrava ormai tranquillo (gli ultimi sondaggi lo danno al 63% contro Marine Le Pen in calo al 37%).
L’opera di disinformazione del FN prevede poi documenti falsi su inesistenti conti segreti di Macron alle Bahamas e alle isole Cayman, fino alla teoria (falsa anche questa) di un Macron teleguidato via auricolare la sera del duello tv vinto contro Marine Le Pen.
Un altro documento di #MacronLeaks twittato direttamente da Jack Posobiec, esponente americano della destra radicale pro Trump e ingranaggio fondamentale dell’operazione, è un contratto spacciato per una sospetta «polizza sulla vita» intestata a Macron, ma che in realtà — basta leggere il francese — è un’assicurazione per tutelare il movimento «En Marche!» nel caso non raggiungesse il 5% necessario al rimborso delle spese elettorali. Si va avanti con tabelle che riportano «spese di cancelleria, 103 euro» o «buffet per la raccolta di fondi» preparato dalla rinomata maison Lenôtre, 368 euro.
I documenti sono migliaia, ci vorranno giorni per consultarli tutti e potrebbero arrivare in superficie anche segreti capitali, impossibile escluderlo. Ma per il momento questo è il meglio che i nemici di Macron sono in grado di tirare fuori, e l’operazione sembra poco riuscita.
Più interessante del contenuto di #MacronLeaks, almeno per ora, è la sua genesi. Il 24 aprile scorso la compagnia Trend Micro ha reso noto che un’unità dell’intelligence russa nota come Pawn Storm, Fancy Bear o APT 28 aveva attaccato nelle settimane precedenti la campagna Macron. E anche stavolta si sospetta che gli autori dell’intrusione siano i russi, ci sono tracce e indizi (per esempio parole e nomi in russo nei metadata dei file) ma non prove certe.
Più chiaro invece chi siano gli autori dell’opera di diffusione, cominciata venerdì intorno alle 20 e 30 quando l’utente EMLEAKS ha postato i link ai documenti rubati sul sito americano Pastebin. Poco dopo quei link sono apparsi anche sul popolare forum 4Chan e alle 20 e 49 Jack Posobiec, attivista che si era distinto nel PizzaGate a danno di Hillary Clinton (caso scuola di fake news), ha twittato la notizia.
«Poi Posobiec chiede su Twitter se c’è qualcuno che parli il francese, e l’account On Escapee si rende subito disponibile condividendo il materiale con la comunità francofona — spiega il ricercatore belga Nicolas Vanderbiest, che ha monitorato in diretta la propagazione dei file —. Alle 21 e 31 interviene WikiLeaks, che fa un tweet e dà una dimensione globale a quello che sta accadendo».
«Da parte francese entrano in azione gli account vicini al Front National @Messsmer e @KimJongUnique — continua Vanderbiest —. Se analizziamo le comunità online che hanno diffuso la notizia, troviamo una notevole sovrapposizione con gli account che io definisco filo-russi, ossia quelli che sono soliti rilanciare la propaganda di Russia Today e Sputnik. Alle 23 e 40 l’atto finale con il tweet del numero due del Front National, Florian Philippot, che usa l’hashtag #MacronLeaks associandosi così a Jack Posobiec e alla comunità filo-Trump. Mai come stavolta il Front National è chiaramente implicato». Scrive Philippot: «I #MacronLeaks ci faranno sapere cose che il giornalismo di investigazione ha deliberatamente messo a tacere? Un naufragio democratico sbalorditivo». Altri due dirigenti del FN usano Twitter pochi minuti prima della mezzanotte, quando per legge scatta la fine della campagna elettorale. Macron non potrà parlare e quindi difendersi fino alla chiusura dei seggi.
Quasi due giorni di silenzio imposto ai candidati, e di libero corso alle «fake news» su siti e social media. Stasera alle 20, quando verrà annunciato il nuovo presidente della Repubblica francese, sapremo se la manovra ha avuto l’effetto sperato. François Hollande, capo dello Stato ancora per pochi giorni, annuncia provvedimenti mentre Gran Bretagna e Germania ricevono l’ennesimo avvertimento in vista delle elezioni dell’8 giugno e del 24 settembre.