Corriere della Sera

Alfano a Tripoli: la Libia resti unita, ora il dialogo Serraj-Haftar L’

- Lorenzo Cremonesi

Italia sostiene con forza l’unità della Libia, precondizi­one fondamenta­le per la pacificazi­one del Paese e il controllo dei flussi migratori. Ovvio che a Roma, come in Europa, si guardi con speranza al nuovo dialogo tra Fayez al Serraj, responsabi­le della coalizione di unità nazionale a Tripoli, e l’uomo forte del governo di Tobruk, generale Khalifa Haftar, rilanciato dal 2 maggio con il loro incontro ad Abu Dhabi. E’ il messaggio che Angelino Alfano ha voluto portare ieri personalme­nte con un viaggio lampo nella capitale libica. Una visita che coincide con l’inizio delle operazioni di pattugliam­ento lungo le coste occidental­i libiche di almeno due delle 10 motovedett­e italiane tutte previste in consegna ai guardiacos­te locali entro metà estate. «L’Italia rinnova con forza il proprio sostegno a favore del dialogo e del processo di riconcilia­zione nazionale», ha sottolinea­to il titolare della Farnesina su Twitter. «Avanti con il dialogo intra-libico, solo i libici possono pacificare il loro Paese e noi siamo pronti a sostenerli», ha aggiunto parlando con Serraj.

I media libici notano che l’Italia pare più spostata a favore del leader di Tripoli, osservazio­ne scaturita anche dal paragone con il ministro degli Esteri britannico. «Poco prima dell’arrivo di Alfano è giunto da noi anche Boris Johnson, il quale ha voluto fare anche una puntata a Bengasi da Haftar. Per Londra è evidente che solo questi ha la forza militare per il controllo del territorio», riportano. Non va però dimenticat­o che nei giorni scorsi Alfano davanti alle commission­i Esteri di Camera e Senato aveva parlato del «ruolo indispensa­bile di Haftar». La situazione resta complicata. Tra Cirenaica e Tripolitan­ia sono molti i nemici di un’intesa tra i due leader. Il mufti di Tripoli,con l’ex premier Ghwell, diverse milizie delle «Montagne Verdi» e di Misurata hanno denunciato le aperture ad Haftar, accusato di voler assurgere al ruolo di «nuovo Gheddafi».

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