Pomezia, 3 giorni dopo: la nube è tossica?
Per alcune fonti «è nerofumo », l’Asl evoca l’amianto. Resta fitto il mistero sull’incendio
Dopo tre giorni dall’incendio di Pomezia che ha invaso di miasmi di sicuro non salutari parte del Lazio, spandendo fetori fino al mar Tirreno, una domanda viene spontanea. Possibile che ci vogliano giorni per accertare che cosa c’è in quella nube che ancora aleggia su campi e città? Diossina e amianto, com’è probabile, oppure solo nerofumo?
Nei tre giorni del rogo di quell’impianto passato di mano diverse volte negli ultimi anni e autorizzato dalla Regione Lazio a gestire, testuale nella delibera, «rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi» ne abbiamo ascoltate di tutti i colori. Il sindaco grillino di Pomezia Fabio Fucci ha disposto l’evacuazione delle abitazioni limitrofe e la chiusura delle scuole, ma subito sottolineando un eccessivo clamore mediatico. E mentre c’era chi rassicurava la popolazione sulla qualità dell’aria (Virginia Raggi, sindaca grillina della capitale lambita dalla nube infernale), si moltiplicavano voci sulla presenza di sostanze tossiche nella colonna di fumo spesso e nero con previsioni di ricadute micidiali su frutta, verdura, latte e falde acquifere. Senza che arrivasse uno straccio di versione ufficiale da parte delle autorità preposte alle necessarie verifiche. Se si eccettuano, ovviamente, le scarne comunicazioni dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, rigorosamente sul totem del momento: Facebook. Si potrebbe ricordare che le cose non andarono poi tanto diversamente quando un incendio devastò il terminal tre dell’aeroporto di Fiumicino. Anche in quell’occasione i risultati delle analisi arrivarono con comodo (ci vollero tre settimane) rivelando che respirare quell’aria non era proprio un toccasana, e l’aeroporto era rimasto aperto. Spiegarono i tecnici che per accertare la presenza di diossine ci vogliono tre giorni. E i dati di Pomezia sono stati prelevati soltanto oggi dalle centraline: l’esito degli esami non si potrà conoscere quindi che mercoledì. Ma tant’è. Ieri un consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Fabrizio Santori, si è pubblicamente indignato perché i telefoni dell’ufficio relazioni con il pubblico dell’Arpa squillavano a vuoto. Era domenica, del resto. In compenso, pur essendo giorno festivo, il direttore della Asl ha risposto all’Ansa, rivelando che il tetto del deposito andato a fuoco era pieno di amianto.