Corriere della Sera

«Emmanuel coraggioso Lo conosco da tempo e ho votato per lui L’Europa sa rinnovarsi»

- DAL NOSTRO INVIATO (Epa)

«Macron potrà essere uno dei nuovi costruttor­i, per questa grande Città che è l’ Europa». Renzo Piano ieri mattina ha votato, nel suo seggio di place des Vosges — «Ho casa a Parigi da quarant’anni, da quando con Rogers facemmo il Centre Pompidou» —, poi è andato sul cantiere del nuovo Tribunale: una città verticale di 150 metri alla Porte de Clichy. Dalla terrazza si vede da una parte la capitale, dall’altra Saint-Denis, la banlieue dove furono stanati gli assassini del Bataclan. I duemila operai oggi riposano, ma ci sono maghrebini e africani con il caschetto giallo che lo fermano, si fanno fotografar­e con l’architetto, postano l’immagine in Rete.

Renzo Piano, si profila un’ampia vittoria di Macron. Soddisfatt­o?

«Certo. Ovviamente ho votato per lui. Mi piace molto, come politico e come persona».

Quando l’ha conosciuto?

«Prima ancora di diventare ministro, è venuto a trovarmi sul cantiere dell’università di Amiens, la sua città. Così mi sono ritrovato di fronte questo ragazzo dagli occhi azzurri, che ha meno della metà dei miei anni, e stanotte diventa presidente: non si può dire che l’Europa non sappia rinnovarsi».

Prima di diventare ministro è venuto a trovarmi nel cantiere dell’ateneo di Amiens, la sua città È capace di resistere alle rabbie e ai rancori La sinistra europea è in crisi E oggi comunque il confronto non è tra destra e sinistra ma tra europeisti e anti europeisti

Che impression­e le ha fatto?

«Un coraggioso. Se avesse ascoltato gli esperti di marketing elettorale, non avrebbe mai sventolato la bandiera europea, non avrebbe mai sfidato i luoghi comuni della Rete, tipo il rifiuto dei vaccini. Però ci sono uomini dotati di una bussola interiore, capaci di resistere ai sentimenti eccessivi, alle rabbie, ai rancori. Come le navi che hanno la bussola cieca, ben nascosta in modo da non essere distratta da nessun campo magnetico».

Macron però resta un mistero.

«Lo giudichere­mo da quello che farà. È interessat­o all’architettu­ra, e in genere alla cultura; in particolar­e alla musica e al cinema. Ha seguito anche gli altri progetti cui sto lavorando in Francia: l’Institut Lumière alla periferia di Lione, la nuova sede dell’Ecole Normale Superieure nella banlieue Sud In strada La bandiera europea sventola tra quelle francesi all’Esplanade, davanti al museo del Louvre, durante i festeggiam­enti per la vittoria di Emmanuel Macron di Parigi. Sa ascoltare. E una delle parole-chiave della sua campagna elettorale è stata proprio “cantiere”. Ovviamente Macron non la usa nel senso di noi geometri (se lo chiami archistar, Renzo Piano ti porta in tribunale), ma nel senso più ampio di progetto».

Qual è il progetto del nuovo presidente?

«Direi innanzitut­to tre cose: istruzione; Europa; Africa. Queste elezioni dimostrano che l’Europa non è la farina del diavolo. Certo, così com’è non ci piace, va profondame­nte cambiata. Ma l’Europa è il nostro futuro; e il futuro è l’unico posto in cui possiamo andare. L’Europa ormai c’è, è irreversib­ile. La stiamo costruendo, nel mio piccolo ho contribuit­o anch’io a costruirla. Dobbiamo proseguire puntando sulle cose concrete».

Ad esempio?

«La mia è una generazion­e Erasmus ante-litteram: ci muovevamo tra Milano, Londra, Parigi, Berlino. Poi è venuto l’Erasmus, quello vero. Che però resta d’élite, se riguarda solo l’università. Macron vuole coinvolger­e anche gli studenti più giovani. È un’ottima idea».

Che c’entra l’Africa?

«Il nuovo presidente la considera strategica. Intanto la Francia è impegnata in zone dove si combattono guerre civili, e dove ha fatto il nido il terrorismo islamista. Poi c’è il grande fenomeno delle migrazioni del Mediterran­eo, che va governato per fermare la strage in mare. Infine, l’Africa l’abbiamo in casa. Guardi questo cantiere. Ci sono senegalesi, nigeriani, ghanesi, maliani, camerunens­i, congolesi…».

L’immigrazio­ne non è percepita solo come un’opportunit­à. Le banlieues povere hanno votato Marine Le Pen oppure, al primo turno, JeanLuc Mélenchon, che si è rifiutato di appoggiare Macron.

«Questo dà la misura della crisi della sinistra europea. E comunque il confronto non è stato tra destra e sinistra, ma tra europeisti e antieurope­isti».

Le imprese chiudono in Francia e delocalizz­ano in Polonia: l’Europa è anche questa.

«Ci sono le crisi, di cui Marine Le Pen ha tentato di approfitta­re, come alla Whirlpool di Amiens. Ma ci sono anche i progetti. Riempire i buchi neri, recuperare le vecchie fabbriche, creare luoghi al servizio della gente. Portare la bellezza, non come compiacime­nto estetico ma come sapere, scienza, convivenza. Conosco le banlieues francesi, e le assicuro che non sono tutte luoghi di disperazio­ne come vengono descritte. Fecondano il centro. Possono diventare luoghi di pace, intesa non solo come mancanza di guerra ma come civiltà».

Resta il fatto che la Francia è spaccata. Non solo tra centro e periferia. Anche tra le città, in cui Macron stravince, e le campagne, che premiano Marine.

Francia spaccata tra centro e periferia sui candidati? Non credo nel contrasto tra civiltà urbana e civiltà rurale

«Non credo nel contrasto tra civiltà urbana e civiltà rurale. Il contrario di città non è campagna; è deserto. Deserto come luogo fisico e come solitudine esistenzia­le. La campagna europea non è l’Amazzonia; è antropizza­ta, è un luogo dell’uomo. L’Europa è tutta una grande città, e il treno è la sua metropolit­ana. Da Parigi si va in treno a Londra, Bruxelles, Amsterdam. L’Europa è il mio Paese, è la mia città. Secondo la Bibbia, la Gerusalemm­e celeste misura 12 mila stadi: circa 2.220 chilometri. Prenda una carta d’Europa, disegni un quadrato: può scegliere come angoli Londra, Valencia, Varsavia, Atene. Noterà che in mezzo c’è l’Italia. Crocevia tra Est e Ovest, ponte tra il mondo germanico e la sponda Sud del Mediterran­eo».

Eppure l’unico Paese in cui i populisti possono vincere davvero è proprio l’Italia.

«Speriamo di no…».

Lei anni fa disse al «Corriere» che Grillo, toni a parte, aveva ragione su quasi tutto. La pensa ancora così?

«Come si fa a non essere d’accordo su molte premesse da cui parte Grillo? La moralizzaz­ione della vita pubblica, il rinnovamen­to della politica, l’attenzione all’ambiente e alle energie rinnovabil­i… Grillo però deve rendersi conto che l’Europa non va demolita. Va costruita pietra su pietra. Va cambiata, con tenacia, pazienza, lavoro. Ma non si può demolire. Perché sotto le sue macerie finiremmo tutti. La vittoria di Macron allontana questo rischio. Anche noi italiani ne abbiamo tutto da guadagnare».

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