Orlando nervoso per i «blitz» del leader E accusa Emiliano: è d’accordo con Matteo
Il nervosismo di Andrea Orlando lo hanno notato in parecchi, sotto le immense volte del Marriott Hotel. Seduto in prima fila nella penombra dell’Assemblea nazionale il Guardasigilli confida ai vicini di posto la sua delusione. La rielezione di Orfini vissuta come «un blitz», Emiliano che si è smarcato dal già esangue fronte delle opposizioni e poi la decisione sofferta di lasciare libertà di coscienza al momento di votare il presidente, per non strappare la tela nel primo giorno del nuovo corso.
Stanchezza e rabbia le ha scritte sul viso. L’intervento di Renzi lo ha scoraggiato e certo non gli sono piaciute le manovre del retropalco per blindare la maggioranza in Direzione. Ed è anche di questo che Orlando ha discusso con il segretario quando gli ha fatto un cenno e gli ha chiesto di lasciare il tavolo della presidenza, per un breve chiarimento faccia a faccia. «Dobbiamo passare dall’io al noi — è il rimprovero scandito davanti all’assemblea —. Ci si iscrive al partito, non alle correnti».
Un avviso che si tradurrà con il niet della mozione a condividere la gestione del partito, accettando che qualche esponente della minoranza entri in segreteria. «Io proprio non vedo le condizioni», ripete Orlando ai suoi. L’attacco al Quirinale sulla legge elettorale è il punto dolente, per il ministro, che ribadisce la sintonia con il Colle più alto: «Io vedo una strada. Una legge di cui noi assumiamo una iniziativa e proviamo a vedere chi è disponibile a ragionare con noi». Anche l’uscita del leader sulle mamme lo ha lasciato perplesso, perché «ancor prima
della mamma ci sarebbe l’Europa». E poi, in un crescendo di rimproveri, l’altolà alla rottamazione che «non ha funzionato», la citazione di don Milani per respingere i bonus e lo stop alle larghe intese: «Continuo a preferire Bersani a Berlusconi».
I fedelissimi del Guardasigilli hanno facce scure e nervi tesi. Si sentono schiacciati dai «numeri bulgari», chiamano il Pd «il partito di Renzi» e temono che ogni voce di dissenso verrà rapidamente zittita. «È stata una brutta giornata», geme un deputato e rivela che il Guardasigilli ha vissuto «come un blitz» la riconferma di Orfini. D’altronde, come racconta lo stesso Orlando, «Emiliano si è messo d’accordo con Renzi impedendo una candidatura alternativa».
Il governatore avanza a fatica sulle stampelle eppure si vede che è felice. «I segretari della sinistra sono dei martiri — scherza dal palco, rivolto a Renzi —. Lo sai, perché qualcuno lo hai martirizzato tu». E poi, citando Che Guevara tra gli applausi: «Hasta la victoria, signor segretario».