Corriere della Sera

Imbarazzo nel M5S per l’esperto di esteri anti israeliano Sarà ridimensio­nato

- Emanuele Buzzi

Alla Camera Manlio Di Stefano, 35 anni, del M5S

Si stava accreditan­do come l’uomo della diplomazia internazio­nale dei Cinque Stelle. Ora, ironia della sorte, rischia di scivolare (politicame­nte) per una mancata moderazion­e. Quella relativa ai commenti a un suo post — intitolato «Complici dei danni di Israele» — su Facebook, commenti che hanno ospitato anche una «lista di proscrizio­ne» (bollata così dagli stessi utenti del social network) di personalit­à di religione ebraica. Lui, Manlio Di Stefano, responsabi­le del programma Esteri di M5S, è intervenut­o quando ormai la polemica era scoppiata da ore e se ne parlava sia sui media sia nel Movimento. «Leggo una totale degenerazi­one nei commenti, da una parte e dall’altra. In questa pagina mai si è fatta discrimina­zione in base al credo o ad altre caratteris­tiche personali e mai se ne farà — ha scritto il deputato 5 Stelle — Chiedo a tutti di moderare i toni e rimanere nell’ambito del dibattito civile». Troppo tardi, secondo i pentastell­ati. Nel Movimento c’è chi sentenzia: «Questa è stata la pietra tombale sulle sue aspirazion­i». Fonti parlamenta­ri confermano che difficilme­nte si potrà immaginare un ruolo governativ­o per il deputato palermitan­o. E c’è chi mette in fila gli scivoloni diplomatic­i dell’ultimo anno. Un excursus che parte dal viaggio del luglio scorso in Israele con Luigi Di Maio, giudicato da molti analisti come un flop e che è costato un raffreddam­ento dei rapporti tra i due parlamenta­ri. Un viaggio in cui Di Stefano, sollevando perplessit­à anche nell’opinione pubblica del paese, sosteneva: «La storia ci insegna che Hamas nasce come partito, e che ha vinto in libere elezioni. Poi l’isolamento di Gaza ha cambiato le cose». O ancora il suo intervento — accanto ad alcune personalit­à controvers­e — al Festival della solidariet­à con il popolo palestines­e. E infine la recente missione a Caracas, dove si contano oltre trenta morti in questa primavera di sangue. «Il Venezuela sta vivendo un momento difficile, ma questo non significa che rappresent­anti di Paesi esteri abbiano il diritto di ingerire negli affari interni», ha dichiarato Di Stefano dopo un incontro con l’opposizion­e. Ora i malumori potrebbero frenare la sua corsa, lanciata a giugno del 2016 con la sua presenza al congresso di «Russia Unita», il partito di Putin. All’epoca spiegava al Corriere: «Con la Russia i rapporti sono buoni: per dare idea dell’attenzione su di noi, sono stato il terzo a prendere la parola».

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