Corriere della Sera

Fuori con il 90% ma il via libera è molto lontano

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La seconda gamba dell’Ape riguarda potenzialm­ente tutti i lavoratori. La legge prevede infatti che l’anticipo di pensione «volontaria» possa essere richiesto dagli iscritti all’Inps e alle forme sostitutiv­e di previdenza obbligator­ia purché abbiano almeno 63 anni d’età e 20 di contributi. L’assegno, che potrà arrivare al massimo al 90% della pensione maturata al momento della domanda, non sarà pagato dallo Stato come per l’Ape agevolata, ma prenderà la forma di un vero e proprio anticipo sulla pensione. Si tratta in pratica di un prestito a se stessi, anticipato da una banca, che poi verrà restituito in 20 anni con trattenute sulla pensione. Ulteriore requisito per chiedere l’Ape volontaria è che la futura pensione, al netto della rata di rimborso, sia pari almeno a 1,4 il trattament­o minimo (702 euro al mese). Anche in questo caso, la riforma doveva partire il primo maggio. Ma qui il ritardo è molto superiore rispetto all’Ape sociale. Infatti il governo non ha ancora inviato il necessario dcpm al Consiglio di Stato. Il regolament­o e poi le successive convenzion­i con l’Abi (associazio­ne banche) e l’Ania (assicurazi­oni) definirann­o, tra l’altro, i costi a carico del lavoratore. Tra tasso d’interesse sul prestito, polizza assicurati­va che coprirà il caso di morte prematura e commission­i, il costo dovrebbe essere del 4-4,5% per ogni anno di anticipo. Ma l’intera procedura è ancora in alto mare. Anche l’Ape volontaria si potrà chiedere, dice la legge, fino al 31 dicembre del 2018. Ma partirà mai?

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