IL FUTURO ELEGANTE
L’appuntamento Padova ospita il Festival Galileo, che fa il punto su uno dei materiali più avveniristici. Il premio Nobel Andre Geim, il suo scopritore, rivela: «Per ora i suoi usi sono limitati, ma ci vuole pazienza. Pensare che non mi credevano» SOTTILE
«Il progresso umano ha sempre seguito la scoperta di nuovi materiali: dopo l’Età della Pietra c’è stata quella del Bronzo, del Ferro, l’età delle materie plastiche e così via. Oggi, senza dubbio, siamo nell’epoca del silicio. Secondo molti il prossimo materiale che potrà avere un impatto simile e determinare un’era sarà il grafene. Ne ha le potenzialità. Tuttavia, a mio parere, è probabile che sarà l’età dei materiali a due dimensioni piuttosto che quella del grafene. Insieme offrono molto più del grafene da solo. Ma naturalmente, per semplificare, possiamo chiamarla l’alba dell’era del grafene».
Sono pochissime le scoperte scientifiche che hanno determinato un’era e ancora di meno quelle che hanno raggiunto una quasi immediata popolarità. Andre Geim, 58 anni, vincitore del premio Nobel per la Fisica nel 2010 proprio per la scoperta del grafene, sembra unire
questi due rari eventi. Ma in questa intervista, che introduce l’intervento che terrà a Padova, giovedì, al Festival dell’Innovazione Galileo, ricorda anche come la strada della scienza sia bella da raccontare a posteriori ma dura da percorrere a priori: prima della popolarità la rivista scientifica Nature rifiutò per ben due volte il suo articolo sulla scoperta e le proprietà de grafene. Forse è questa la lezione più interessante che possiamo apprendere da lui.
Come spiegherebbe il grafene a un bambino?
«I cristalli sono costituiti da file e piani di atomi. Prendete un qualsiasi cristallo ed estraete un piano atomico al di fuori di esso. Questo atomo cristallino è chiamato materiale bidimensionale. Il grafene è solo uno di essi, il primo trovato. È ottenuto tirando il piano ato- mico dalla grafite, il materiale di cui sono fatte le matite».
Perché il grafene è così importante?
«Circa un decennio fa il genere umano non aveva neanche il sospetto che tali materiali a due dimensioni potessero esistere. Ora, all’improvviso, ne conosciamo a centinaia e il grafene ha dimostrato che pur essendo parte di una più grande unità (la grafite) ha proprietà più interessanti rispetto a quelle del materiale-genitore. Con meno puoi ottenere di più: fenomeni molto più interessanti e più usi possibili».
Quale potrebbe essere la killer application del grafene?
«Normalmente ci vogliono 30-40 anni a un nuovo materiale per spostarsi da un laboratorio accademico all’industria. Bisogna essere pazienti: non è un nuovo software dove in pochi anni puoi diventare un miliardario. In ogni caso il grafene ha un record anche in questo: in soli 10 anni si è già spostato dall’Università all’industria ed è anche in prodotti di consumo. Centinaia di compagnie di tutto il mondo lo usano per migliorare i prodotti. Ora questi usi non sono rivoluzionari ma ci sono solo miglioramenti marginali rispetto ai prodotti esistenti. Per esempio il grafene migliora di una certa percentuale la durata delle batterie, i carboni compositi che lo incorporano diventano più resistenti agli urti e così via. È una fase di diffusione in tutti i tipi di industrie,
Il procedimento È ottenuto dalla grafite, il materiale di cui sono fatte le matite, usando un nastro adesivo I suoi usi sono tanti ma per ora limitati: migliora la durata delle batterie, per esempio. Ma siamo in una fase di diffusione e serve ancora tempo Andre Geim Nobel per la Fisica per gli studi sul grafene
piuttosto che di una rivoluzione. E la tecnologia usata per mettere grafene in queste applicazioni è veloce, economica e sporca ma non High tech. Tuttavia questa fase è inevitabile per sviluppare tecnologie ulteriori. Per quanto riguarda le killer application possiamo solo speculare per ora: immaginate di vivere 3 mila anni fa e, appena scoperto il ferro, di inventare anche il ferro da stiro».
Quando ha realizzato che avrebbe potuto essere così importante per la fisica?
«È una storia semplice. Ho sempre cercato nuove direzioni nella ricerca e 15 anni fa ho avuto una di quelle molte idee che chiamavo idee-random. Pensavo che sarebbe stato interessante produrre una pellicola di grafite: pochissime persone avevano provato prima e senza molto successo. È difficile fare pellicole sottili di questo materiale utilizzando le tecniche convenzionali, così ho suggerito a un mio dottorando polacco di partire facendo a pezzi la grafite. Dopo mesi eravamo in un vicolo cieco. Fino a quando non abbiamo provato con un semplice nastro adesivo per staccare strati sempre più sottili. Proprio come funziona la matita. È stata una bella scoperta ma non avremmo mai ottenuto un premio Nobel per questo. Era una curiosità scientifica. Ci sono voluti altri 5 anni per dimostrare che il grafene non è solo il più sottile materiale esistente ma è molto interessante per la fisica. Questa parte era la più difficile ed è per questo che il Nobel è stato assegnato».
Un aneddoto che non aveva mai raccontato?
«Quando ho scritto la prima relazione sul grafene e le sue proprietà le cose non sono progredite senza problemi: il paper è stato respinto due volte da Nature. Un anonimo comitato di arbitri ha affermato che il lavoro non presentava significative scoperte e che non valeva la pena pubblicarlo. Anche quando un anno dopo è stato pubblicato su Science ha attirato stroncature. E per mesi, dopo la pubblicazione, alcuni hanno creduto che fosse un falso dal punto di vista scientifico. Un paio di amici mi avevano anche messo in guardia nei corridoi delle conferenze: Si dovrebbe fare più attenzione, sai?».