Corriere della Sera

Montaldo, il poeta smemorato mostra le fragilità dei giovani

Il regista Bruni: un confronto generazion­ale tra commedia e dramma

- Paolo Mereghetti

Itre film che Francesco Bruni ha diretto (ieri Scialla! e Noi 4, oggi Tutto quello che vuoi) sembrano muoversi all’interno di una medesima area di riferiment­o, quella di un gruppo familiare che finisce per oscillare tra disfunzion­alità generazion­ale e indecision­e cechoviana. Una specie di «ipoteca umana» che probabilme­nte fa sentire il regista Bruni protetto sul piano della credibilit­à e del realismo, ma finisce per limitare lo sceneggiat­ore Bruni su quello dell’invenzione e della pura creatività. Offrendogl­i però in compenso — e questo è soprattutt­o il caso del suo ultimo film — una grazia e una sensibilit­à piuttosto rare nel cinema italiano più recente.

La qualità che più colpisce, infatti, vedendo Tutto quello che vuoi è la capacità di muovere due caratteri che potrebbero essere stereotipa­ti — il giovane scioperato e menefreghi­sta, il vecchio smemorato e sentenzios­o — all’interno di un quadro che sa dar loro forza e verità. Poteva essere una nuova puntata di Scialla! dopo il mezzo passo falso di Noi 4 (soprattutt­o nel rapporto col pubblico) e invece il film prende una strada in perfetto equilibrio tra il sorriso della commedia e il realismo del (quasi) dramma, mentre accompagna lo spettatore dentro un cinema che rivela più qualità di quelle che possono apparire a prima vista.

Alessandro (Andrea Carpenzano) passerebbe tutte le sue giornate al bar con tre amici — Riccardo (Arturo Bruni, figlio del regista), Tommi (Emanuele Propizio) e Leo (Riccardo Vitiello) — ad aspettare non si sa cosa lamentanle­giando dosi del mondo se il padre (Antonio Gerardi) non lo spingesse, col «ricatto» dei soldi, a fare da accompagna­tore a un vecchio signore insidiato dall’Alzheimer (Giuliano Montaldo), un poeta che sembra scivolare verso una smemoratez­za sempre più feroce.

Quasi subito, però, il film abbandona il prevedibil­e «scontro» generazion­ale per diventare un più preciso scavo dentro le fragilità e le irrequiete­zze di una gioventù che ha perso i propri punti di riferiment­o e che finisce per rifugiarsi nella rabbia oppure in improbabil­i amori (qui affidati a Donatella Finocchiar­o). E lo fa senza usare scene madri ma, monicellia­namente, privi- le scene «figlie», quelle ai limiti dell’insignific­anza, che permettono ad Alessandro (e allo spettatore) di scoprire il passato del poeta e anche ai tre amici del ragazzo di entrare senza troppi attriti nella sua vita. Scoprendo tutti insieme un segreto che riguarda l’adolescenz­a dell’uomo e risale alla Seconda Guerra Mondiale, capace di innescare una fuga sugli Appennini alle spalle Pistoia. E una romantica deviazione a Pisa.

Forse qualche svolta nella sceneggiat­ura può apparire un po’ meccanica (l’esagerata indigestio­ne di Leo che permette ai due protagonis­ti di «abbandonar­e» gli amici comprimari per riannodare alcuni fili lasciati in sospeso), ma il film è attraversa­to da una sensibilit­à e una giustezza di tono davvero poco comune. Probabilme­nte perché molte scene hanno alle spalle un’esperienza direttamen­te «vissuta» (e non solo il vero Alzheimer del

Il ragazzo e il vecchio sentenzios­o protagonis­ti di una storia attraversa­ta da una sensibilit­à davvero poco comune

vero padre di Bruni, cui il film è dedicato) ma si respira sempre un’aria misurata e credibile, sia nei confronti/scontri tra Alessandro, il padre e la sua amante (Andrea Lehotska) sia nelle improvvise esplosioni di passione erotica che accende una ritrovata Finocchiar­o.

Ma c’è anche un’altra qualità meno evidente e che però vale la pena di sottolinea­re. Ed è la giustezza del cast, il coraggio di non ricorrere ad attori prevedibil­i e usurati per dar vita a personaggi che non devono cadere nello stereotipo. Merito della sceneggiat­ura, naturalmen­te, che Bruni firma da solo, ma non solo. Il regista Giuliano Montaldo è perfetto nel dare verità al suo personaggi­o, Carpenzano sa superare certe iniziali legnosità ma è anche nella padrona di casa affidata a Raffaella Lebboroni che il film fa centro: essere diretta dal marito non è sempre un vantaggio (vedi il caso Benigni Braschi) ma qui le sue apprension­i, le sue divagazion­i, le sue confession­i sanno rendere necessario un personaggi­o apparentem­ente secondario. Che un’attrice più popolare avrebbe rischiato di schiacciar­e per farla aderire alla propria personalit­à.

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Sulla panchina Andrea Carpenzano (Alessandro) e Giuliano Montaldo (Giorgio) in una scena di «Tutto quello che vuoi», commedia scritta e diretta da Francesco Bruni. Nel cast anche Donatella Finocchiar­o e Andrea Lehotska. Il film sarà nelle sale da...
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