Corriere della Sera

Veleni e sospetti sabotaggi

- Di Sergio Rizzo

Beppe Grillo aveva previsto il sabotaggio, ma preventivo. «Ci faranno trovare l’emergenza per dare la colpa a Virginia», profetizza­va prima delle elezioni del 2016. E pure la futura sindaca, intervista­ta dal settimanal­e Oggi, lanciava messaggi: «Notiamo strani movimenti intorno ai rifiuti. Mormorano che si vogliono lasciare questi problemi al prossimo sindaco…». Segnali che il nervo era scoperto ancor prima di iniziare a giocare la partita. E non poteva essere diversamen­te per una forza politica che predica la teoria del rifiuto zero contro ogni genere di impianto, dovendo però amministra­re una città che produce 5 mila tonnellate al giorno di spazzatura.

Un pandemonio, fatalmente destinato a spiovere in quella frase pronunciat­a lunedì da Virginia Raggi, mentre l’immondizia tracimava dai cassonetti: «Nell’impianto di Rocca Cencia sono stati registrati atti di sabotaggio». E che quei fatti si siano verificati è incontesta­bile. Un oggetto che ottura la presa d’aria di un motore non finisce lì per caso, soprattutt­o se la conseguenz­a è il surriscald­amento dello stesso motore Il continuo scarico di responsabi­lità sul disastro ereditato non funziona più

con relativo blocco per cinque ore dell’impianto. Così come non è certo un colpo di vento che rovescia i pesantissi­mi cassonetti ricolmi di immondizia, impossibil­i da rialzare se non con l’aiuto di un mezzo meccanico, né un mozzicone di sigaretta che li manda a fuoco. Episodi non trascurabi­li. Ma di sicuro non le prime pratiche di stile luddista che l’Ama deve sperimenta­re. Tanto per dirne una, ben più grave fu l’incendio che nel 2015, quando al Comune non c’erano grillini ma Ignazio Marino, paralizzò non per cinque ore ma per cinque mesi i macchinari sulla Salaria. Di conseguenz­a l’Ama fu costretta a portare la spazzatura al re della monnezza Manlio Cerroni.

Diverse le tecniche di sabotaggio, differenti anche le motivazion­i. Tutto oggi, al contrario di ieri, depone per una guerra interna all’azienda. Dove l’aria intorno al direttore generale Stefano Bina non sembra molto respirabil­e. Nei siti internet che sposano le ragioni dei suoi oppositori campeggia questa parola: «Tradimento». Imputato, a quanto pare, proprio ai 5 stelle.

Troviamo quella parola in un post pubblicato dall’Agoa, acronimo che sta per Agenzia giornalist­ica operatori AmaAtac. Dove c’è scritto: «C’era un patto con il movimento: cambiare il management aziendale (...). Il tradimento sta nel non aver accettato il piano dei lavoratori, aver lasciato il management al suo posto (…) e di non aver sostituito il direttore generale lombardo estraneo alla città e ai lavoratori». Nome e cognome. Stefano Bina. Ovviamente

impossibil­e stabilire un collegamen­to fra certi episodi e quelle parole, che comunque indicano un clima.

Perché qualcosa si è rotto. Così una situazione già complicata, rischia di diventare sempre meno governabil­e: tanto più se, a giudicare dalle reazioni dei cittadini, lo scarico delle responsabi­lità sul disastro ereditato dai predecesso­ri smette di funzionare. Il fatto è che la faccenda dei rifiuti rischia davvero di essere il primo problema serio della giunta grillina con la città che finora le ha perdonato tutto. A meno che, come da alcune parti si ipotizza, la patata bollente non finisca a qualcun altro, per esempio un commissari­o. Ovvero, la Regione. Ovvero, il Pd.

Un disegno perfetto: governare la città, ma stare comodament­e all’opposizion­e nella partita più rognosa per il Movimento. Quella dei rifiuti.

L’eredità

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