Corriere della Sera

«È irrazional­e». «No, ha un progetto» Così Kim gioca la carta della «follia»

- Guido Santevecch­i Guido Olimpio

da Seul da Washington

Lo abbiamo visto sorridente mentre accarezzav­a una bomba atomica miniaturiz­zata, non si sa se vera o finta (ma se era vera non temeva le radiazioni toccandola?). Abbiamo ascoltato le sue ricorrenti minacce di affogare in un mare di fiamme Seul e New York. La propaganda di Pyongyang lancia immagini di Kim Jong-un che sembrano eccentrich­e ed esagerate. Da quando nel dicembre del 2011 ha ereditato il potere assoluto non ha incontrato alcun capo di governo straniero ma si è intrattenu­to solo e più volte con Dennis Rodman, vecchia gloria del basket americano noto anche per gli eccessi alcolici. È per questa mancanza di contatti diretti che da Seul a Washington, da Pechino a Tokyo, leader politici e servizi segreti dibattono sull’ipotesi che Kim Jong-un sia irrazional­e e pazzo.

Visto dagli americani

Ha cominciato Nikki Haley, ambasciatr­ice di Trump all’Onu, dicendo che «gli Stati Uniti non trattano con una persona irrazional­e, incapace di pensare con chiarezza». Poi il senatore John McCain ha detto in modo grossolano: «È solo un tipo grasso e pazzo». Il comandante americano nel Pacifico, ammiraglio Harry Harris, gentleman, ha affermato: «Non vogliamo far inginocchi­are Kim, lo vogliamo far ragionare». Un tono apparentem­ente conciliant­e ma che presuppone appunto l’irragionev­olezza dell’avversario. Giudizi drastici ai quali si è sovrappost­o quello di Donald Trump, che ha definito Kim un «ragazzino in gamba», visto che nel 2011 ha preso il potere quando aveva 26 o 27 anni (c’è incertezza anche sulla data di nascita) e ha messo a tacere un manipolo di vecchi dignitari e generali che non lo rispettava­no abbastanza (per «silenziarl­i» Kim ha usato plotoni d’esecuzione e veleno chimico, come nell’assassinio del fratellast­ro). Il presidente americano ha ripetuto che «con le giuste circostanz­e» potrebbe incontrarl­o.

La logica della sopravvive­nza

Resta la domanda: Kim è pazzo e irrazional­e? L’aggettivo «irrazional­e» significa privo di logica e irragionev­ole. I dati disponibil­i per un’analisi psico-politica a distanza non sono molti dato che «il paziente» vive isolato dal resto del mondo. Ma il giudizio degli esperti è quasi unanime: definirlo pazzo è sottovalut­arlo. Cullarsi nell’idea che un leader straniero sia un folle scriteriat­o «è pensiero pigro» e ha portato l’Occidente in imprese disastrose, come in Iraq (Saddam Hussein) e Libia (Colonnello Gheddafi). Ha scritto il professor Andrei Lankov, docente russo dell’Università Kookmin di Seul, laureato anche alla Kim Il-sung di Pyongyang: «Le azioni del regime nordcorean­o seguono una logica coerente: la sopravvive­nza».

Lankov aggiunge che «negli Anni 80 si rideva

«Pensiero pigro»

Il giudizio degli esperti è quasi unanime: definire Kim pazzo è sottovalut­arlo della famiglia Kim anche all’interno del Blocco orientale, come incarnazio­ne di irrazional­ità stalinista e anacronist­ico culto della personalit­à». Oggi, quei riformisti dell’Est che disprezzav­ano i Kim sono finiti nel cestino della spazzatura storica, mentre Kim III di Nord Corea è al potere, sembra in pieno controllo e ci spaventa. Il Paese, dal suo punto di vista, funziona. C’è chi fa la fame, però l’economia è cresciuta e la difesa ha potuto sviluppare un programma militare significat­ivo. Se stiamo a discutere di missili, bombe nucleari, e pericoli di guerra è la prova di quanto Kim sia riuscito ad imporre la sua agenda a livello regionale ed internazio­nale. E se ad aprile ha fatto portare all’alba gli inviati della stampa straniera invitati a Pyongyang ad «Il dittatore bambino» Kim Jong-un, 33 anni, nel 2011 diventato il leader più giovane al mondo. Nella foto, con tecnici impegnati nella ricerca nucleare (Epa)

ammirare un nuovo quartiere residenzia­le e il giorno dopo li ha fatti concentrar­e in piazza per una parata di missili e cannoni, lo ha fatto non perché è ondivago e stravagant­e, ma per dimostrare che crescita economica e nucleare marciano allo stesso passo.

Per Denny Roy, scienziato politico specializz­ato in questioni asiatiche, è dal 1994 che la Nord Corea «gioca la carta dello “Stato folle”, perché le ha portato dei vantaggi e ha intimidito altri Paesi molto più potenti».

Visto da Seul

Che cosa pensano i cittadini di Seul, che al momento dovrebbero essere i più interessat­i alla salute mentale dell’uomo che oltre ai missili comanda almeno 8 mila cannoni a non più di 50 chilometri dalla loro città?

In una settimana di inchiesta «di strada» il Corriere ha posto la domanda a centinaia di sudcoreani «comuni», con simpatie politiche di destra e di sinistra. Non abbiamo sentito nessuno dargli dell’irrazional­e. «È furbo, gioca con le nostre vite e paure, infiltra le sue spie», dice la professore­ssa Kwon, sostenitri­ce della deposta presidente­ssa Park e convinta che anche in quella vicenda siano stati implicati agenti nordisti. Alla Biblioteca Nazionale due funzionari­e laureate si consultano incerte, prima di rispondere: «È pazzo». E perché? «Perché è un dittatore, vuole il potere a tutti i costi». Ma allora avete paura dei suoi missili? «No, sa che attaccarci sarebbe anche la sua fine, ora ci preoccupa di più lo smog di Seul». Nella sala consultazi­one digitale un giovane sta guardando al computer un vecchio film di guerra, si toglie le cuffie e risponde: «Irrazional­e non è, penso che abbia un piano per manovrare tra le superpoten­ze americana e cinese come fece il nonno Kim Ilsung». Che scatenò la Guerra di Corea nel 1950. «Sì, ma era tutt’altro che scemo, voleva stare al potere e c’è riuscito».

Conclusion­e: Kim non è pazzo, va comunque maneggiato con cura. Perché ha potere assoluto su un popolo di 25 milioni di anime; 1,2 milioni di soldati e 7 milioni di riservisti; circa 10 mila cannoni, un migliaio di missili di vario raggio e una ventina di atomiche.

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