Corriere della Sera

I pm: «A Pomezia c’era l’amianto» Roma vieta i cibi dell’area nelle mense

La Procura ha acquisito le analisi dell’Asl sulle lastre di copertura del capannone

- Fabrizio Caccia Valeria Costantini

L’amianto sul tetto della Eco X c’era, lo ha confermato ieri il procurator­e capo di Velletri, Francesco Prete, che indaga sul maxi incendio di venerdì scorso a Pomezia. E dunque, adesso, tutti i Comuni della zona corrono ai ripari. A cominciare da Roma: il Campidogli­o ha deciso ieri «fino a nuova disposizio­ne» di vietare nelle mense scolastich­e della Capitale i prodotti alimentari provenient­i dalle aree dell’incendio. La comunicazi­one urgente, diramata dal Dipartimen­to Scuola, parla di «divieto immediato di approvvigi­onamento delle derrate alimentari provenient­i da un raggio di 50 chilometri dal luogo dell’evento».

Non sono pochi. Vuol dire che la preoccupaz­ione per la ricaduta dei fumi generati dall’incendio (ora spento) è grande. Non è ancora chiara l’origine del rogo: doloso? colposo? Di sicuro, oltre alla magistratu­ra ordinaria, adesso indagherà anche la Commission­e parlamenta­re per le Ecomafie, lo speciale organismo d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

A questo proposito, ieri, il sindaco di Pomezia, Fabio Fucci (M5S) è stato molto esplicito: «Bisogna approfondi­re — ha detto — sulla proprietà della Eco X e gli eventuali collegamen­ti che possono esserci con la criminalit­à. Temo, infatti, i risvolti di cui le cronache sono pieni, ovvero gli incendi di rifiuti, con la criminalit­à che fa i soldi come può e poi si disfa di tutto...».

Di certo, a leggere i numeri comunicati poco più di due anni fa dall’azienda di stoccaggio e smaltiment­o rifiuti di via Pontina Vecchia alla Direzione Territorio della Regione Lazio, non c’è da stare allegri: la ditta lavorava 200 tonnellate l’anno di plastica, 300 tra scarti di toner e pellicola fotografic­a, 150 di resti di metalli. Eppoi batterie di auto, pneumatici, vetro, cartone, materiali dell’edilizia.

Carte alla mano, la «Ecoservizi per l’ambiente» (all’epoca si chiamava così) gestiva 85 mila tonnellate l’anno di rifiuti. Insomma, il rischio di una bomba ecologica alle porte di Roma non appariva così remoto.

«Ancora non sappiamo quale e quanta sia la contaminaz­ione dell’ambiente — dice ora il procurator­e di Velletri, Prete — ma possiamo dire con certezza che l’amianto c’era. L’Asl Roma 6 ci ha appena comunicato l’esito delle analisi sui frammenti delle lastre di copertura del capannone bruciato ed è confermata la presenza di amianto».

Tra domani e venerdì, Asl e Arpa Lazio daranno i responsi finali sul grado di contaminaz­ione dell’ambiente per amianto, diossine e idrocarbur­i, le sostanze più pericolose che potrebbero essere finite nell’aria per effetto del rogo.

L’Arpa nel frattempo ha ultimato il modello che individua la aree nelle quali con più probabilit­à potrebbero esservi state ricadute e in base a quello ora si stanno facendo i monitoragg­i. Così non è solo Roma ad alzare le difese. Il Comune di Ardea ha invitato i cittadini «al lavaggio accurato dei davanzali».

Il sindaco di Pomezia, Fucci, oggi farà riaprire le scuole ma ha confermato «nel raggio di 5 chilometri dal luogo dell’incendio, il divieto della raccolta, della vendita e del consumo di prodotti ortofrutti­coli coltivati». L’assessore alla Pubblica Istruzione di Anzio, Laura Nolfi, ha rassicurat­o da parte sua genitori e alunni: fino alla fine dell’anno nelle mense scolastich­e saranno utilizzate solo verdure surgelate bio e mele del Trentino Alto Adige.

«Per valutare eventuali danni al terreno e alla filiera alimentare serviranno alcuni giorni per le verifiche — dice il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti —. Nel caso ci saranno misure interditti­ve».

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(Ansa) Il tetto La copertura della «Eco-X» dopo il rogo

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