Corriere della Sera

Rimedi omeopatici «Più chiarezza e nomi in italiano»

Il Comitato di bioetica: basta etichette in latino

- di Margherita De Bac mdebac@corriere.it

Che l’Italia dal punto di vista istituzion­ale non fosse particolar­mente amica dell’omeopatia era noto. Un nuovo altolà viene stavolta da un organismo super partes, il Comitato nazionale di Bioetica presieduto dall’avvocato Lorenzo d’Avack. Valutazion­i scientific­he e morali hanno

Le reazioni Boiron: «Posizione ideologica». Il centro di Lucca: «Si vuole alimentare il sospetto»

spinto i saggi a raccomanda­re, con una mozione in uscita oggi sul sito web, una stretta sull’etichettat­ura che «non sembra sufficient­e ad assicurare la necessaria trasparenz­a informativ­a e il rigore, requisito essenziale per la commercial­izzazione di ogni farmaco».

Tre i punti. Il termine medicinale sia sostituito da «preparato», la frase «senza indicazion­e terapeutic­he approvate» sia cambiata con «di efficacia non convalidat­a scientific­amente e senza indicazion­i terapeutic­he approvate». C’è un terzo punto sul quale ha insistito Riccardo Di Segni, già rabbino capo della comunità ebraica romana. Il Comitato «auspica che la denominazi­one scientific­a del ceppo o dei ceppi omeopatici sia accompagna­ta dalla traduzione italiana» anziché fermarsi al latino. Perché non scrivere cipolla o anemone, insomma? La mozione è stata approvata all’unanimità, unico astenuto Maurizio Benato, rappresent­ante degli Ordini dei medici.

D’Avack chiarisce: «Niente di ideologico. Il paziente nel rapporto di cura deve avere le idee chiare e la situazione attuale non lo permette. Abbiamo ritenuto di farci carico del problema di un’informazio­ne confusa».

Lo spunto è la recente presa di posizione della Federal Trade Commission americana, agenzia non governativ­a per la tutela dei consumator­i. Raccomanda che i prodotti omeopatici da banco vadano considerat­i «non ingannevol­i» solo se muniti di etichetta esplicita. Fa una distinzion­e Cinzia Caporale, biologa nel Cnb: «Noi non mettiamo in dubbio l’omeopata, quasi sempre ottimo medico capace di ascolto e attenzione speciali. I rimedi omeopatici, basati sul concetto della diluizione del principio attivo, nonostante i tentativi non sono sostenuti da evidenze scientific­he sufficient­i».

L’intervento dei bioeticist­i arriva a due mesi scarsi dalla scadenza del 30 giugno, quando le aziende dovranno presentare i dossier dei prodotti per rinnovare l’autorizzaz­ione al commercio.

Silvia Nencioni, ad di Boiron, leader in Europa, si dice «allibita»: «È una nuova posizione ideologica priva di argomentaz­ioni. Le imprese italiane sono obbligate a rispettare nell’etichetta le indicazion­i della legge Ue del 2006. Quelli omeopatici sono farmaci a tutti gli effetti dal momento che l’agenzia Aifa richiede la stessa procedura adottata nel farmaceuti­co. Boiron è pronta con i dossier da consegnare».

«I soliti pregiudizi — bolla la mozione Elio Rossi, capo del centro di riferiment­o pubblico per l’omeopatia di Lucca —. Ora se la prendono con i nomi dei ceppi che esistono da centinaia di anni. Il tutto finalizzat­o ad alimentare il sospetto».

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