Corriere della Sera

EVITARE NUOVE ATROCITÀ NELLA MOSUL LIBERATA DALL’ISIS

- Di Lorenzo Cremonesi

Nella Mosul liberata dai criminali di Isis si corre il rischio molto concreto che vengano commessi abusi gravi e persino operazioni di «pulizia etnica» ai danni delle popolazion­i sunnite. Non c’è pace nell’Iraq postinvasi­one americana del 2003. E Mosul si rivela il catalizzat­ore delle tensioni future. La battaglia per eliminare gli ultimi jihadisti irriducibi­li del «Califfo» Abu Bakr al Baghdadi si sta protraendo molto più del previsto. Ricordate? Da Bagdad il premier Haider al Abadi in ottobre prometteva la vittoria entro il 31 dicembre 2016. Ora pare che le sue divisioni, anche grazie al sostegno aereo Usa, siano davvero alle battute finali. Nel solo quartiere di Harmat, presso la cittadella medioevale, sarebbero stati rinvenuti 250 cadaveri di jihadisti negli ultimi cinque giorni. Da febbraio si contano circa 430.000 civili in fuga. Isis li utilizza come scudi, uccide chi scappa; mancano acqua, cibo, elettricit­à, medicine. Nel frattempo tornano le cronache dello scontro etnico e religioso, che oltre dieci anni fa alimentò il radicalism­o sunnita, motivò Al Qaeda e condusse alla nascita dello stesso Isis. Già il 21 aprile i capi tribali e i sindaci arabi sunniti e cristiani delle cittadine liberate attorno a Mosul mettevano in allarme sulla presenza delle Ashd al Shaabi, le milizie sciite, accusate di avere aperto «dozzine di uffici» che adesso sequestran­o case, campi, automobili, danno la caccia ai giovani sunniti. La milizia Shahid Sadr si è insediata a Bartalla, Sukar, Tamim, Somar. E così pure le Brigate Bader. Le Asaeb Al Haqq sono a Quds, Karama, Buawezah. Il partito sciita Dawa, guidato dall’ex premier Nouri Al Maliki che tanto ha contribuit­o a fomentare lo scontro interno ed è sospettato di lavorare con Teheran, si è insediato a Intisar e Hamdaniyah. Il due maggio il sindaco sunnita della cittadina di Hazar ha accusato le Ashd al Shaabi di aver rapito circa cento giovani uomini di cui non si sa più nulla. Va evitato che la vittoria contro i terroristi di Isis divenga incubatric­e di nuove guerre.

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