Corriere della Sera

I nuovi voucher? Una carta prepagata Arriva il libretto per colf e badanti

Le modifiche nei prossimi giorni con un emendament­o nella manovrina di primavera

- Lorenzo Salvia

Si dovrebbe chiamare «libretto familiare». Sarà una carta ricaricabi­le con la quale pagare colf, badanti e baby sitter non assunte in pianta stabile ma utilizzate in modo saltuario. Una sera alla settimana, ad esempio, oppure nel fine settimane per coprire il turno di riposo dei collaborat­ori domestici fissi. Sta prendendo forma lo strumento da mettere a disposizio­ne delle famiglie per sostituire i voucher, i buoni da dieci euro l’ora cancellati dal decreto legge con il quale il governo ha disinnesca­to il referendum della Cgil. Il governo è pronto a inserire questa e altre novità in un emendament­o alla cosiddetta manovrina di primavera, la mini Finanziari­a chiesta da Bruxelles all’esame della Camera.

Il pagamento con la carta ricaricabi­le, da completare attraverso un sito internet gestito dall’Inps, sarebbe completame­nte tracciabil­e. Con il vecchio sistema dei voucher le famiglie potevano prima comprare il buono e poi decidere come usarlo, cioè chi pagare. Con il nuovo meccanismo, invece, dovranno indicare subito il nome del lavoratore. Non sarà un buono, in sostanza. Ma un contratto vero e proprio, anche se in forma semplifica­ta. Il sistema sarebbe così più trasparent­e, anche in chiave anti evasione. In «cambio» consentire­bbe al datore di lavoro, cioè alle famiglie, di scaricare dalle tasse un parte della spesa. Ma ci sono i soldi per un’operazione del genere, visto che gli sconti sulle tasse sono un costo per lo Stato? È possibile che si proceda per gradi. La prima mossa arriverebb­e adesso, con l’emendament­o alla manovrina e la creazione di un fondo destinato a coprire il bonus fiscale. La seconda nel 2018 quando lo sconto diventereb­be concretame­nte utilizzabi­le, a patto di stanziare le risorse necessarie nella Legge di Bilancio, da approvare entro fine anno.

Nello stesso emendament­o il governo dovrebbe definire anche lo strumento che prenderà il posto dei voucher per le imprese. E pure qui ci sono importanti novità rispetto alle anticipazi­oni delle passate settimane. Per tutte le aziende, non solo per quelle al di sotto dei 10 dipendenti come sembrava in un primo momento, ci sarà un nuovo contratto «leggero», di fatto una versione semplifica­ta del cosiddetto lavoro a chiamata. Potrà essere perfeziona­to on line, sempre su una piattaform­a gestita dall’Inps. Anche in questo caso non si tratterà di un buono ma di un contratto vero e proprio, dove indicare fin dal primo momento il nome del lavoratore. E ci sarà un limite massimo di utilizzo: la stessa persona non potrà essere «chiamata» per più di 400 giorni nell’arco di tre anni. Altrimenti scatterebb­e l’assunzione con un contratto a tutele crescenti. L’ultimo intervento riguarderà il lavoro a chiamata vero e proprio. Esiste già adesso nella versione «pesante», cioè senza condizioni standard e senza perfeziona­mento on line. Ma può essere utilizzato solo per lavoratori che hanno meno di 24 o più di 55 anni. I due limiti d’età saranno cancellati rendendo il vecchio lavoro a chiamata utilizzabi­le per tutti.

Finiti tutti i dettagli tecnici resta la domanda, stavolta politica: i voucher cancellati per decreto stanno per rientrare dalla finestra della manovrina di primavera? No. Perché il lavoro a chiamata, sia nella versione classica sia in quella leggera, ha un costo quasi doppio rispetto ai vecchi voucher: tra i 20 e 25 euro l’ora contro 10. Sempre a differenza dei vecchi buoni, prevede contributi previdenzi­ali più alti e quindi in grado di garantire una pensione. E, almeno nella versione «pesante», anche l’indennità di disponibil­ità: un aumento del 20% della retribuzio­ne se il lavoratore si dichiara disponibil­e ad accettare comunque la chiamata dell’azienda.

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