Corriere della Sera

Per il Fisco notai primi, discoteche «povere»

Le dichiarazi­oni più alte: 244 mila euro. Addio agli studi di settore, arrivano gli indici sintetici di affidabili­tà

- Enrico Marro

Gli «studi di settore» andranno in pensione da quest’anno per essere sostituiti con gli «indici sintetici di affidabili­tà» fiscale che, secondo il governo, dovrebbero favorire una maggiore «osservanza degli obblighi fiscali». Nel frattempo il Dipartimen­to delle finanze ha diffuso i dati sugli studi di settori 2016, relativi al periodo d’imposta 2015. Studi che confermano la consueta fotografia di un lavoro autonomo e d’impresa che frutterebb­e in media redditi molto bassi. Nel commercio la media è di 22.500 euro, che scendono a 18.500 per le persone fisiche (30.800 per le società di persone e 27.500 per le società di capitali) .

In fondo alla classifica troviamo i gestori di impianti sportivi (2.600 euro), i pescatori (4mila euro), le discoteche (4.600), le mercerie (7.400), le tintorie e lavanderie (9.200), i corniciai (9.600), gli istituti di bellezza (10 mila), il commercio al dettaglio di abbigliame­nto calzature e pelletteri­e (10.300), i sarti (10.800), le profumerie (11.400). In cima alla classifica, come al solito, ci sono i notai con 244mila euro e, ben staccati, i farmacisti con 116mila. Gli avvocati hanno dichiarato in media 49mila euro, i commercial­isti quasi 60mila. I parrucchie­ri 13.100 euro; i fiorai 13.700; i fruttivend­oli 15.800; i titolari di bar, gelaterie e pasticceri­e 17.400; i macellai 17.600; i commercian­ti al dettaglio di alimentari appena 100 euro in più (17.700); i tassisti e gli ncc (noleggio con conducente) 17.900; i ristoranti 18.400; i gioiellier­i 18.500; gli stabilimen­ti balneari 19.300; le agenzie immobiliar­i 22.500. Un mare di attività quindi con redditi che oscillano tra i mille

e i 1.800 euro al mese. Ed è bene precisare, come si legge nelle note metodologi­che, che nelle statistich­e non sono considerat­e attività iniziate o cessate nel corso del periodo d’imposta né quelle in liquidazio­ne o in stato fallimenta­re.

Ma veniamo ora, dopo il

dettaglio dei redditi, ai dati di sintesi. L’applicazio­ne degli studi di settore, cioè del sistema che sulla base di parametri presuntivi stima i ricavi nelle attività autonome, ha riguardato, nel 2015, 3,4 milioni di soggetti (il 64% persone fisiche, il resto società). I ricavi totali sottoposti agli studi sono risultati pari a 718 miliardi di euro. Il reddito totale dichiarato ha toccato i 107 miliardi, in aumento del 5,3% rispetto al 2014. Il reddito medio dichiarato è stato di 28.600 euro per le persone fisiche, di 40.340 per le società di persone e di 31.980 per le società di capitali. «Il reddito medio relativame­nte basso dichiarato dai commercian­ti non è una sorpresa - dice la Confeserce­nti —. Purtroppo, è la conferma delle forti difficoltà del settore, che dal 2011 al 2016 ha perso quasi 7 miliardi di fatturato».

Volendo fare un paragone con i lavoratori dipendenti, sempre nel 2015, 20 milioni di contribuen­ti hanno dichiarato redditi da lavoro dipendente in media per 21.350 euro. Si va dai 9.770 euro medi dei dipendenti di ditte individual­i ai 23.750 euro dei dipendenti delle società di capitali.

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