Per il Fisco notai primi, discoteche «povere»
Le dichiarazioni più alte: 244 mila euro. Addio agli studi di settore, arrivano gli indici sintetici di affidabilità
Gli «studi di settore» andranno in pensione da quest’anno per essere sostituiti con gli «indici sintetici di affidabilità» fiscale che, secondo il governo, dovrebbero favorire una maggiore «osservanza degli obblighi fiscali». Nel frattempo il Dipartimento delle finanze ha diffuso i dati sugli studi di settori 2016, relativi al periodo d’imposta 2015. Studi che confermano la consueta fotografia di un lavoro autonomo e d’impresa che frutterebbe in media redditi molto bassi. Nel commercio la media è di 22.500 euro, che scendono a 18.500 per le persone fisiche (30.800 per le società di persone e 27.500 per le società di capitali) .
In fondo alla classifica troviamo i gestori di impianti sportivi (2.600 euro), i pescatori (4mila euro), le discoteche (4.600), le mercerie (7.400), le tintorie e lavanderie (9.200), i corniciai (9.600), gli istituti di bellezza (10 mila), il commercio al dettaglio di abbigliamento calzature e pelletterie (10.300), i sarti (10.800), le profumerie (11.400). In cima alla classifica, come al solito, ci sono i notai con 244mila euro e, ben staccati, i farmacisti con 116mila. Gli avvocati hanno dichiarato in media 49mila euro, i commercialisti quasi 60mila. I parrucchieri 13.100 euro; i fiorai 13.700; i fruttivendoli 15.800; i titolari di bar, gelaterie e pasticcerie 17.400; i macellai 17.600; i commercianti al dettaglio di alimentari appena 100 euro in più (17.700); i tassisti e gli ncc (noleggio con conducente) 17.900; i ristoranti 18.400; i gioiellieri 18.500; gli stabilimenti balneari 19.300; le agenzie immobiliari 22.500. Un mare di attività quindi con redditi che oscillano tra i mille
e i 1.800 euro al mese. Ed è bene precisare, come si legge nelle note metodologiche, che nelle statistiche non sono considerate attività iniziate o cessate nel corso del periodo d’imposta né quelle in liquidazione o in stato fallimentare.
Ma veniamo ora, dopo il
dettaglio dei redditi, ai dati di sintesi. L’applicazione degli studi di settore, cioè del sistema che sulla base di parametri presuntivi stima i ricavi nelle attività autonome, ha riguardato, nel 2015, 3,4 milioni di soggetti (il 64% persone fisiche, il resto società). I ricavi totali sottoposti agli studi sono risultati pari a 718 miliardi di euro. Il reddito totale dichiarato ha toccato i 107 miliardi, in aumento del 5,3% rispetto al 2014. Il reddito medio dichiarato è stato di 28.600 euro per le persone fisiche, di 40.340 per le società di persone e di 31.980 per le società di capitali. «Il reddito medio relativamente basso dichiarato dai commercianti non è una sorpresa - dice la Confesercenti —. Purtroppo, è la conferma delle forti difficoltà del settore, che dal 2011 al 2016 ha perso quasi 7 miliardi di fatturato».
Volendo fare un paragone con i lavoratori dipendenti, sempre nel 2015, 20 milioni di contribuenti hanno dichiarato redditi da lavoro dipendente in media per 21.350 euro. Si va dai 9.770 euro medi dei dipendenti di ditte individuali ai 23.750 euro dei dipendenti delle società di capitali.